Arriva dalla Corea, diretto da Cho Sun-ho, e con qualche anno di ritardo, un nuovo film che si basa sul loop temporale, sulla ripetizione di stampo videoludico di un giorno e della lotta contro il tempo per evitare un evento tragico. In questa nostra recensione di A Day cercheremo di non scendere troppo nel dettaglio, per non rovinare le (poche) sorprese che il film ha in serbo per lo spettatore. Ennesima variazione di un filone sempreverde, va dato merito ad A Day di relegare l'azione in secondo piano, entrando sempre di più in una dimensione melodrammatica e supportando la base fantastica della ripetizione quotidiana con una metafora sulle colpe, la ricerca di redenzione e la capacità di costruire il proprio destino. Dal 26 agosto al cinema.
L'incubo che si ripete
Kim Joon-Young è un celebre chirurgo di ritorno da un viaggio di lavoro. Dal cuore buono e generoso, incapace di non aiutare chiunque si trovi in difficoltà, il protagonista del film è un eccellente medico quanto un pessimo padre. Il rapporto con la figlia Eun-jung è complesso, con la giovane ragazza che si sente abbandonata e sola. Sbarcato in aeroporto, il chirurgo si avvia per un incontro con la figlia, per cercare di risolvere la distanza emotiva. Arrivato a un incrocio stradale, però, scopre che un tragico incidente ha avuto luogo: un tassista si trova in fin di vita, e con lui una donna sul sedile posteriore dell'auto. A pochi metri di distanza, distesa sull'asfalto, la figlia del protagonista giace senza vita, investita. Kim Joon-Young, resosi conto della tragedia, rimane sconvolto, ma subito si risveglia nell'aereo, ricominciando da capo la giornata. Presto il nostro protagonista si rende conto di dover combattere contro il tempo, cercando alternative al suo percorso che appare predefinito, per arrivare in tempo al luogo dell'incidente e cercare di evitarlo. Non sarà un'impresa facile e il chirurgo sarà costretto a rivivere continuamente la morte della figlia, mettendo in mostra i suoi limiti di padre, la sua incapacità di salvarla e accentuando i sensi di colpa. Un vero e proprio incubo che si ripete, e che forse non riguarda solo lui.
Un loop diviso per tre
Punto di forza del film è la sorprendente decisione di non fossilizzarsi su un unico punto di vista, ovvero quello del protagonista. Poco prima della fine del primo atto veniamo a conoscenza che il film intende sdoppiare (e poi triplicare) il loop temporale. Tre personaggi bloccati nella stessa situazione, le loro storie si incastrano in questa ripetitività dove ogni cambiamento può modificare il corso della giornata. Tutti e tre dovranno collaborare per cercare una soluzione comune, oppure scontrarsi per prediligere un esito a senso unico. Si tratta della scelta vincente del film e anche del vero e proprio capovolgimento narrativo che dona ad A Day una chiave di lettura diversa dal canonico action movie. Presto, pur mantenendo un ritmo alto e un montaggio frenetico, il film si trasforma in un racconto di colpe e redenzioni: tutti i personaggi potranno uscire dal loop riconoscendo i loro errori del passato o venendo a patti con la loro personalità, riconoscendo il loro egoismo e l'egocentrismo che ha impedito loro di costruire dei legami umani forti e indispensabili.
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Intrattenimento al limite
A lungo andare, però, il film rischia di non sorprendere più. L'intrattenimento più spinto della prima parte si sacrifica a favore della ricerca di un senso aulico e di un significato che possa giustificarne la scelta narrativa. Soprattutto nelle fasi conclusive, la costruzione della metafora ha la meglio sul piano narrativo. Il regista cerca in tutti i modi di spiegare allo spettatore il cuore del film, rinunciando al divertimento e trasformando l'opera in un racconto che si dimostra sempre più coerente con sé stesso e, quindi, sempre più prevedibile. Nonostante una regia solida, le sequenze finali esagerano nell'ostentare una certa dose di emotività e disperazione che non possono colpire a dovere lo spettatore, ormai troppo smaliziato per avvertire quella sensazione di chiusura soddisfacente verso una storia che sembra essere stata raccontata una volta di troppo. Come una candela che brucia troppo in fretta, A Day vede la fiamma dell'intrattenimento spegnersi sempre di più nel finale.
Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di A Day ritenendo questo film coreano un sufficiente prodotto d’intrattenimento sui loop temporali. A un inizio davvero ottimo, ritmato e coinvolgente, il film preferisce puntare sulla spiegazione della metafora sacrificando il proprio equilibrio, dimostrandosi sin troppo coerente e, di conseguenza, risultando sempre più prevedibile nel messaggio che vuole mandare. Funziona, però, la scelta di non concentrarsi su un unico protagonista bloccato nel loop, e di dividersi in tre personaggi che dovranno scontrarsi e incastrarsi.
Perché ci piace
- L’inizio avvincente riesce a coinvolgere perfettamente lo spettatore.
- La scelta di tripartire il loop temporale attraverso tre personaggi che dovranno incastrare le loro storie e le loro scelte si dimostra vincente.
- La regia rimane solida per tutta la durata del film.
Cosa non va
- La seconda metà del film rinuncia all’intrattenimento action per puntare sulla metafora melodrammatica, risultando prevedibile negli sviluppi.
- Nonostante provi ad ostentare le emozioni richieste, nella parte conclusiva viene a mancare il coinvolgimento iniziale.