Celeste lavora come cameriera in un country-club di lusso, frequentato dal ricchissimo milionario Steven Beard. Tra l'uomo, rimasto vedovo, e lei - madre single di due ragazze - scatta il proverbiale colpo di fulmine, con il notevole patrimonio di lui che è comunque parte predominante della relazione. Celeste si insedia insieme alla due figlie nella splendida villa dell'uomo e lo sposa, con il tran tran coniugale che nei primi tempi sembra procedere per il meglio; con il passare dei mesi Celeste si fa però prendere la mano e spende e spande senza darsi limiti, una situazione che porta il magnate a darle un ultimatum.
Come vi raccontiamo nella recensione di A caccia del vedovo d'oro, questo provoca in Celeste un vero e proprio esaurimento nervoso, al punto che viene ricoverata per qualche settimana in una clinica psichiatrica riservata a clienti abbienti. Lì ha modo di conoscere un'altra paziente, Tracey, con la quale nasce subito un'inaspettata sintonia. Sarà allora che Celeste deciderà di "sfruttare" la nuova amica per un folle piano criminale...
Dalla fine all'inizio
Il film parte già dall'evento chiave, ovvero il ferimento nel letto di camera sua del personaggio di Steven, con una serie di flashback indietro nel tempo che accompagnano il pubblico a scoprire come si sia giunti a tale risvolto. Non che ci voglia molto, anche per lo spettatore meno smaliziato, a intuire che la mente criminale sia proprio quella di Celeste, pronta a tutto pur di mettere le mani sull'immensa fortuna del compagno, senza paura di sporcarsi le mani più o meno indirettamente. A caccia del vedovo d'oro è ispirato molto liberamente a un fatto di cronaca veramente avvenuto negli Stati Uniti, come ci tengono a informarci le scritte su schermo al giungere dei titoli di coda. Una narrazione molto romanzata, in quanto nella realtà Celeste era molto più giovane rispetto all'attrice - Julie Benz - che la interpreta nel film, e che si prende ulteriori licenze nelle relative fasi processuali e attigui colpi di scena.
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Ritratto di signora
Non che ci si potesse attendere poi molto da una delle molteplici produzioni televisive a tema, che a livello qualitativo e di narrazione si rivela quanto mai anonima e scontata, priva di mordente nell'evolversi di una vicenda dove tutto è ampiamente telefonato, scorrendo come un fiacco resoconto - prima investigativo e poi processuale - delle indagini che hanno infine portato alla scoperta della verità. Non c'è quel minimo di ambiguità necessario giacché le caratterizzazioni dei vari personaggi sono fin troppo marcate e si comprende sin da subito il bandolo della matassa, senza bisogno di sbrogliarlo: lo fa già il film stesso per noi, senza che il pubblico possa attivarsi un minimo a far lavorare i neuroni. A caccia del vedovo d'oro è il classico film da guardare a cervello spento, possibilmente mentre si sta facendo altro in contemporanea. Anche se vi perdete cinque minuti, non cambia nulla giacché la sceneggiatura procede talmente lineare e canonica che basterebbero anche i dieci iniziali e i venti finali a sorreggerne la trama, con tutto ciò che sta in mezzo che resta ben più che superfluo.
La regista Robin Hays si era fatta apprezzare con alcuni cortometraggi - in particolare l'animato Post no bills (2017) - e per il suo esordio nel lungo con il drammatico Anthem of a Teenage Prophet (2018), ma si è poi persa in questi titoli per il piccolo schermo senza arte ne parte, con poche possibilità di tornare nel cinema che conta.
Conclusioni
Affascinante donna di mezz'età, single e madre di due figlie adolescenti, Celeste fa colpo su un ricco milionario che frequenta il country-club dove lei lavora, tanto che ben presto i due si sposano. Ma quando la donna comincia a dilapidare l'immenso patrimonio e viene ricoverata in una clinica di lusso in seguito a un esaurimento nervoso, il tran tran coniugale prende una piega imprevista. Come vi abbiamo raccontato nella recensione di A caccia del vedovo d'oro, ci troviamo davanti a un film per il mercato televisivo che si distingue da altre produzioni omologhe per essere ispirato a una vicenda giudiziaria realmente accaduta, ovviamente qui romanzata ad hoc per il relativo target di riferimento. Una narrazione telefonata, una regia anonima e un cast vittima di figure caricaturali confezionano un prodotto con pochi spunti d'interesse.
Perché ci piace
- Un film da guardare mente si sta facendo dell'altro.
Cosa non va
- Sceneggiatura telefonata e prevedibile, che romanza più o meno fedelmente la vicenda originaria.
- Stilisticamente anonimo.
- Personaggi poco interessanti.