Roma, il sottobosco della sua periferia a tratti irriconoscibile, e una vicenda che segue le dinamiche della connivenza tra potere, politica e affarismo. Sullo sfondo il mondo dell'industria petrolifera. A dieci anni di distanza dalla sua opera prima L'erede, Michael Zampino torna con il suo secondo film, Governance, in streaming dal 12 aprile su Prime Video.
Una co-produzione italo-francese che attraverso la parabola di un top manager, Renzo Petrucci, divorato dalla sete di potere, racconta il mondo controverso delle multinazionali del petrolio, un microcosmo in cui non ci sono dei veri buoni, ma solo cattivi, biliosi dominati da un desiderio atavico, quasi primordiale e guidati da un destino inarrestabile. Un noir che vira verso la tragedia shakespeariana per tematiche e personaggi, straordinariamente interpretati da Massimo Popolizio e Vinicio Marchioni.
Petrolio, potere e noir
La cosa più difficile? "Trovare i finanziamenti qui in Italia", non esita a confessare il regista, che conosce molto bene il mondo dell'industria petrolifera raccontato in Governance - Il prezzo del potere, per averci lavorato quindici anni. "Oggi sono cambiate molte cose e rispetto a dieci anni fa, c'è una consapevolezza dell'ambiente molto più forte", racconta Michael Zampino. "Era appena passato il collasso del 2008, la decrescita causata dalla crisi di Lehman Brothers aveva fatto inceppare e rimesso in discussione il modello economico delle grandi multinazionali del settore dell'energia, che poco a poco si sono riprese e oggi si presentano come baluardi di un nuovo approccio più rispettoso dell'ambiente. Siamo nell'epoca del politicamente corretto in cui la comunicazione accettabile è diventata la norma e a cui anche i grossi gruppi si sono adeguati".
Perché anche di questo parla il film, un noir basato sull'esperienza vissuta da Zampino al punto che il protagonista "Renzo Petrucci è un collage di tutte le persone che ho incontrato. Rendere vivo un personaggio sullo schermo è più semplice quando conosci le sue movenze, lo hai visto all'opera e sai come si comporta in certe situazioni di conflitto". A livello drammaturgico la ricerca ossessiva del potere inoltre è fonte inesauribile di "dramma, tragedia personale e solitudine; c'è sempre un aspetto maledetto e questo è carburante per ogni drammaturgo che voglia raccontare una storia accattivante - puntualizza - . La cornice del petrolio è solo un retroscena, seguiamo i personaggi e attraverso loro raccontiamo un contorno, un habitat, un contesto. Il film non ambisce a dimostrare una tesi, ma un mondo il cui centro è il potere, che suscita un'attrazione fatale e provoca tanta solitudine. Renzo è un uomo consapevole di questa sua maledizione, è nato per fare questo, c'è quasi un aspetto di destino inarrestabile nel suo percorso".
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Michele e Renzo: personaggi shakespeariani
A interpretare il protagonista è Massimo Popolizio, qui alle prese con un altro cattivo nella sua lunga galleria di villain: "Più che un film su un'azienda petrolifera è una tragedia shakespeariana fatta di tradimenti, sesso e lotta per il potere. Renzo Petrucci deve risultare simpatico a qualcuno e antipatico a qualche altro, carpire il terreno dal prete, parlare con il politico. Ha sempre qualcosa da portare a casa e come molti personaggi di Shakespeare è un bilioso ed è mosso da un furore interno che è il suo motore. Renzo è un cattivo, ma in fondo il mondo non è fatto di buoni, è popolato da cattivi ed è difficile trovare un vero buono; l'importante è stare lontano dagli stereotipi. Ed è quello che cerco di fare", spiega.
Vinicio Marchioni veste i panni invece di Michele, un meccanico squattrinato con qualche precedente penale alle spalle, alla ricerca di un lavoro più stabile per potersi occupare della propria famiglia. Una possibilità che si materializza con la promessa da parte di Renzo di gestire una pompa di benzina: "Michele è come una formichina, inizia il proprio cammino dallo strato più basso, Renzo per lui è sempre stato un grande punto riferimento, la persona che può aiutarlo a trovare una posizione migliore. Da questa amicizia nella maniera più italiana possibile cerca di avere una raccomandazione, - dice l'attore - è un giovane uomo con una famiglia da crescere e di cui occuparsi, ha bisogno di un posto di lavoro sicuro, mentre Renzo è un uomo arrivato, il potere lo ha già. È un modello a cui Michele succhierà l'arrivismo, il cinismo, la possibilità di approfittare di determinate occasioni; quello del mio personaggio è un corso di formazione per arrivare a degli obiettivi e alla fine c'è quasi uno scambio di personalità, un travaso di insegnamenti che trasformerà Michele in qualcos'altro. Nella seconda parte del film assistiamo quasi a un ribaltamento, anche Michele arriva a usare il ricatto, vivono l'uno in funzione dell'altro".
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Il prezzo del potere
Ma che prezzo ha la ricerca del potere? È la domanda che percorre tutto il film dall'inizio alla fine: "La strada per la perdizione è lastricata di buone intenzioni, - continua Marchioni - ma nella vita il bene e il male, il cattivo e il buono si mescolano continuamente".
"Squali si nasce, ma ci si diventa pure. - gli fa eco Popolizio, che per dare vita al suo personaggio è partito da un appiglio ben preciso - Renzo viene dal basso e sa bene come ci si comporta sulla strada. Abbiamo inventato il suo modo di mangiare, come se avesse una fame atavica ed un furore che lo accomunano molto a Michele, hanno le stesse origini. Apparentemente anaffettivo, è anche un padre che vuole molto bene alla propria figlia ma non sa come si fa, non ha altro modo di esprimere l'affetto se non quello dei soldi; ma se vuoi badare solo al tuo profitto, prima o poi ti succederà qualcosa di non bello".
E pensare che all'inizio, come rivela il regista, il ruolo di Renzo era toccato a un altro attore, che pur avendo dato un contributo importante alla sceneggiatura, non ha potuto alla fine prendere parte al progetto per questioni di agenda. "Mentre scrivevo avevo in testa un personaggio che conoscevo bene e che avevo frequentato quando lavoravo nel mondo delle multinazionali del petrolio; durante la scrittura è sempre stato la mia bussola, sapevo come si comportava, era epidermico e molto credibile, perché era un'esperienza vissuta". Popolizio è subentrato solo in un secondo momento "volevo farne un orco, un uomo molto primordiale, quasi primitivo, una specie di James Gandolfini, ma poi Massimo mi convinse che non era necessario e che si poteva trasmettere quella vitalità, esuberanza e simpatia anche senza costringerlo a ingrassare 15 chili".