Uno dei film presentati nella sezione Giornate degli Autori alla 71° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia è 9X10 Novanta, una pellicola suddivisa in nove episodi e realizzata interamente con i materiali d'archivio dell'Istituto Luce, per celebrare il 90° anniversario della fondazione dell'Istituto.
Uno di questi nove cortometraggi che, utilizzando immagini e filmati di repertorio, raccontano l'Italia del passato, ma anche le radici dell'Italia del presente, è Tubiolo e la Luna, una vicenda dai toni quasi fiabeschi in cui la parabola del protagonista, il piccolo Tubiolo, si propone come una sorta di ideale "specchio" dell'Italia a cavallo fra il secondo dopoguerra e gli anni Sessanta. Al Festival di Venezia abbiamo incontrato il regista di questo cortometraggio, Marco Bonfanti (autore del documentario L'ultimo pastore), per parlare insieme a lui di questo interessante progetto.
Viaggio nella Luna
Come è nata l'idea per Tubiolo e la Luna e come è stata sviluppata?
Ho accettato con entusiasmo di partecipare al progetto: trovavo molto interessante l'idea di amalgamare nove punti di vista diversi facendo riferimento allo stesso materiale. L'eterogeneità dei vari cortometraggi dimostra quanto l'archivio sia misterioso, allusivo e foriero di possibilità di utilizzo, anche manipolando i materiali. Ho scritto la sceneggiatura di Tobiolo e la Luna, dopodiché il lavoro più grande è stata la ricerca del materiale necessario. Sul copione avevo segnato tutti i dettagli di cui avevo bisogno; trovare delle immagini della bandiera sulla Luna, ad esempio, è stato molto difficile. Sono rimasto colpito da come questo materiale potesse essere montato senza fatica: mi ha fatto capire che le possibilità di utilizzo sono pressoché infinite, benché il materiale a disposizione fosse nato come strumento della propaganda fascista, per poi essere trasformato in tutt'altro. La storia di Tubiolo è la storia di un sogno che attraversa vent'anni di storia italiana, dal dopoguerra fino al 1969, e la scelta del materiale ha rispettato l'ordine storico del racconto, anche per dare un'immagine realistica di Milano nel pieno del suo progresso. Nel cortometraggio Tubiolo sembra sempre lo stesso dall'inizio alla fine, invece si tratta di cinquanta volti diversi.
La decisione di parlare della Luna e dello spazio da cosa deriva?
Appena mi hanno proposto di partecipare al progetto, ho pensato subito allo spazio. Dopodiché ho iniziato a visualizzare questo personaggio, tenendo conto di dovermi attenere al materiale a disposizione. Ho cercato di restituire quello che hanno provato i miei genitori di fronte a un evento epocale come l'allunaggio, un momento in cui sembrava che il mondo potesse cambiare davvero.
L'Italia di ieri e l'Italia di oggi
Uno dei temi centrali del tuo cortometraggio è l'immigrazione interna.
È vero, l'immigrazione e il viaggio. Trovo molto commovente l'idea che, all'epoca, per la prima volta i figli dei contadini potessero andare a studiare all'università, con i sacrifici dei familiari. Tubiolo vede una città e rimane colpito dai monumenti, dai rumori... per lui Milano è un mondo completamente nuovo. Nel frattempo il resto del mondo faceva tutt'altro, e mentre il mondo guardava verso l'alto, verso le stelle e la Luna, con la corsa spaziale, noi purtroppo continuavamo a tenere il naso rivolto all'ingiù. Tubiolo all'inizio è obbligato a chinare il capo per lavorare la terra, poi verso i libri e poi sulla catena di montaggio; però volevo raccontare la volontà di rinascita degli italiani in quegli anni, i loro sogni, la determinazione nel far ripartire il paese... una spinta che va a perdersi intorno al 1969, uno spartiacque che ha segnato l'inizio degli anni di piombo e la fine dell'ingenuità.
Per questo motivo il tuo cortometraggio si conclude con l'attentato di Piazza Fontana?
Esatto. Quello di Tubiolo è uno dei diciassette sogni stroncati dall'attentato di Piazza Fontana: ci sono state diciassette vittime, e quando muore un uomo muore anche il sogno che si porta con sé, e la morte di un sogno è una perdita per tutto il paese.
Qual è stata la tua reazione quando hai visto il film per intero?
Mi ha colpito l'idea dei punti di vista diversi: la trovo una cosa straordinaria. Quando vai a vedere un film d'autore tu paghi il biglietto per avere un punto di vista, e in 9x10 Novanta ci sono invece nove punti di vista. Si tratta di un film di reazione, un film che riprende il passato ma per guardare al futuro, per riflettere su dove andremo, nella speranza di poter tornare a sognare.
Questa è la tua prima volta al Festival di Venezia: quali sono le tue impressioni a caldo?
Come raccontavano prima Thomas Mann e poi Luchino Visconti, c'è sempre un'atmosfera decadente a Venezia quando è brutto tempo... però il Festival è il più importante d'Italia, ed è una manifestazione da salvaguardare e da spingere il più possibile, affinché non perda terreno. Il Festival di Venezia è un vanto per l'Italia, è il primo festival nella storia del cinema, rappresenta un bello specchio per il paese e può essere un buon veicolo per un rilancio culturale dell'Italia a livello internazionale. Quest'anno ancora non sono riuscito a vedere nessun film del Festival, ma sono un cinefilo accanito e cerco sempre di recuperarli in sala, quando escono; purtroppo a volte non vengono distribuiti, ad esempio non sono riuscito a vedere Tom at the Farm di Xavier Dolan, presentato l'anno scorso. Il Festival è importante anche per questo: permette di vedere dei film ai quali altrimenti non sarebbe possibile accedere.