La notte degli Oscar del 2003, chi vi sta raccontando questa storia ha passato una notte insonne. Sì, stavano trasmettendo in chiaro le premiazioni degli Academy Awards, e l'interesse di questo fan era tutto per l'Oscar alla miglior canzone originale: il tifo era per gli U2 e la loro The Hands That Built America, dalla colonna sonora di Gangs Of New York di Scorsese. A vincere l'Oscar fu però un altro grande artista, Eminem, con Lose Yourself, tema di 8 Mile, il film che raccontava la sua storia, e quella degli sforzi fatti prima di diventare una star assoluta del rap. 8 Mile ha già vent'anni: usciva negli Stati Uniti l'8 novembre del 2002, mentre in Italia sarebbe arrivato nel marzo del 2003, proprio in corrispondenza degli Oscar. A vederlo oggi 8 Mile è un film invecchiato benissimo: già allora, appena uscito, sembrava un classico, e lo è anche oggi.
Eminem come Rocky, il palco come un ring
8 Mile inizia come un film di pugilato, come se fosse Rocky. In scena c'è Jimmy Smith Jr. alias B. Rabbit, interpretato da Eminem. Felpa con il cappuccio calato sul capo, saltella come per prepararsi a entrare sul ring, agita i pugni verso lo specchio. In realtà, agita le mani al ritmo del rap. E sta davvero per salire su un ring, in qualche modo. Perché lì fuori lo aspetta una sfida. È un palcoscenico, ma è come se fosse il quadrato della boxe. Perché su quel palco ci si sfida, a suon di rime e insulti. È il dissing, una delle chiavi del rap. E in questo caso "cantarle" all'avversario, fare rime veloci, taglienti, cattive, può fare la differenza. Siamo a Detroit, nel 1995. Eminem sta per salire su un palco. La ragazza lo ha scaricato, è incinta. Lui ha abbandonato la loro casa e le ha anche lasciato la macchina. Ma sta per esibirsi, qualcuno lo andrà a vedere, e forse, se farà colpo, strapperà finalmente un contratto discografico.
8 Mile Road, Detroit
Il titolo del film prende il nome da 8 Mile Road, una strada malfamata di Detroit che divide il quartiere bianco da quello nero. E Jimmy è uno dei pochi ragazzi bianchi che vive in un quartiere nero. Cerca di sfondare nel rap, mentre lavora in fabbrica, ma deve fare i conti con la madre alcolizzata, il violento compagno di lei, Greg, i problemi economici, lo sfratto. Mentre prende l'autobus, scrive le sue rime su un foglio, si prepara per le sfide che affronterà sul palco. Si è tirato indietro una volta, ma prima o poi dovrà farcela.
Non solo per appassionati di rap o di Eminem
8 Mile è invecchiato benissimo, dicevamo. Non sembra che siano passati 20 anni, perché già allora era un classico. E la sua forza è che è stato girato così, per essere un film senza tempo, un film universale, non solo per appassionati di rap o di Eminem. In tanti, nel 2002, alla prima notizia di un film con Eminem pensavamo tutt'altro. Lo conoscevamo dalle sue canzoni e dai suoi video: provocatori, a tinte forti, un montaggio sincopato, giustamente, in modo da riflettere i ritmi dell'hip-hop. Sarebbe stato naturale immaginarsi un film provocatorio, colorato, con un montaggio frenetico. E invece...
La regia di Curtis Hanson
E invece accade che a girare 8 Mile venga scelto un regista con una visione che va in un'altra direzione. Curtis Hanson, autore scomparso nel 2016, una carriera iniziata negli anni Settanta, era arrivato al successo negli anni Novanta con alcuni thriller efficaci. Titoli come Cattive compagnie, con Rob Lowe e James Spader, La mano sulla culla, con Rebecca De Mornay e Julianne Moore, e The River Wild, con Meryl Streep e Kevin Bacon. Ma il successo è arrivato con L.A. Confidential: tre candidature all'Oscar (film, regia e sceneggiatura originale, la categoria in cui vinse) per un film ambientato negli anni Quaranta. Un film scritto e girato come un classico, così come Wonder Boys, ancora un Oscar per la miglior canzone originale, Things Have Changed di Bob Dylan, bissato poi con Lose Yourself di Eminem, tratta da 8 MIle.
Come in un musical, ma con una ragione precisa
Questo per dire che Curtis Hanson ha un'idea di cinema che è quanto più lontano dal videoclip, e allo stesso tempo è bravissimo a inserire la musica nelle immagini. In 8 Mile, in particolare, il rap entra senza soluzione di continuità nella narrazione, quando Eminem e gli altri compagni iniziano a improvvisare versi e delle canzoni prendono vita così, su un palco, o sulla strada, quando arriva l'ispirazione o quando il palco, e la sfida di freestyle lo richiede. Come in un musical, ma con una giustificazione ben precisa perché le canzoni prendano vita tra un dialogo e l'altro. 8 Mile è in streaming su Netflix: il consiglio è di guardarlo, in italiano o in originale, ma con i sottotitoli, per non perdervi il significato delle parti rap.
8 Mile è girato come un classico
Curtis Hanson così prende Eminem e non lo rende mai la solita star che gira il suo film, ma un personaggio in carne e ossa, concreto, credibile, inserito coerentemente in una storia. Che, come vi abbiamo detto, è la sua. La scelta, da subito, è di girare 8 Mile come un film drammatico, come - abbiamo abusato di questa parola in questo articolo, certo - un classico. 8 Mile vive a Detroit, a metà anni Novanta. Ma è un film che sarebbe potuto vivere in qualunque città, le periferie sono tutte uguali, e in qualunque tempo. Come vi abbiamo detto all'inizio, a tratti ci sembra di essere nella Philadelphia di Rocky, negli anni Settanta. La desolazione della periferia è la stessa, la voglia di riscatto anche, il combattimento come svolta della propria vita è lo stesso. C'è il palco al posto del ring, e il rap al posto della boxe. Ma le parole colpiscono come pugni. In quella che è una storia archetipica, ce ne potete vedere molte altre: nella rivalità tra Jimmy e Papa Doc dei Free World rivediamo, per dirne una, quella tra Prince e Morris Day in Purple Rain.
Eminem è credibile, vero, calato nel ruolo
Come dicevamo sopra, Eminem è credibile, vero, calato nel ruolo. È facile, direte, è la sua storia. Ma non dev'essere così semplice calarsi di nuovo nei panni di un ragazzo che non si è più, una volta diventati star. E non è facile avere l'umiltà di non voler primeggiare, ma scegliere di essere uno del gruppo: protagonista sì, ma funzionale al racconto, non primo violino, ma parte di un'orchestra. C'è, in Eminem, una modestia che non ci aspettavamo.
Che cast: Kim Basinger, Michael Shannon, Mekhi Phifer, Brittany Murphy
Ma attorno a lui c'è un'orchestra eccezionale. Kim Basinger, nei panni della madre di Jimmy, è di un'intensità e di una bellezza commoventi, e nel ruolo del suo compagno, Greg, c'è un Michael Shannon di cui cominciavamo soltanto a intuire il potenziale. Mekhi Phifer è Future, il suo sodale e fidato alleato. E poi c'è Brittany Murphy, nei panni di Alex, la ragazza di cui Jimmy si innamora. Scomparsa troppo presto, Brittany Murphy era un volto davvero interessante, un po' donna un po' bambina, con uno sguardo dolce e perverso allo stesso tempo.
Lose Yourself, la canzone da Oscar
In 8 Mile si parla di Rakim, Notorious B.I.G., 2Pac Shakur, Beastie Boys (" dei bianchi che avevano avuto successo con un mezzo espressivo dei neri"), si rende omaggio ai grandi dell'hip-hop, le ispirazioni dei personaggi che sognano di sfondare con la musica rap. Ma poi c'è, ovviamente, la musica di Eminem. Lose Yourself, la sua canzone da Oscar, entra in scena a metà film, mentre Jimmy sta lavorando alla sua musica, al suo demo. Lose Yourself è una canzone rap che prende vita su un riff rock, alla Led Zeppelin, basato sulla chitarra elettrica, a cui sono accompagnate delle note di piano. Eminem ha scritto il testo tutto in una volta, tutte e tre le strofe, nello studio di registrazione dove stava lavorando alla colonna sonora del film. Quel foglio appare davvero nel film, nell'autobus dove Jimmy sta buttando giù i testi. La canzone parla della storia di Jimmy, e riprende la trama del film, nella prima strofa. Nelle altre, immagina il suo futuro dopo la storia di 8 Mile. Che è stato un futuro radioso.