Postando su Twitter la propria recensione di 365 giorni, la critica irlandese Jessica Kiang, nota penna della rivista Variety, ha scritto "Questo film mi ha incasinato per sempre l'algoritmo di Netflix, quindi abbiate la gentilezza di leggere quello che ho scritto." Una frase che noi condividiamo in toto, avendo visto le quasi due ore di questo allucinante thriller erotico (almeno sulla carta) di fattura polacca, che da alcuni giorni sta spopolando nella Top 10 del servizio di streaming in tutti i paesi dove è disponibile. Un'opera cinematografica che ridefinisce il nostro grado di tolleranza nei confronti di prodotti formalmente e moralmente vuoti, che portano sullo schermo le fantasie alquanto disturbanti di un'autrice che, sulla falsariga di E.L. James e delle sue famigerate 50 sfumature, ha scritto una trilogia (ebbene sì, è utile saperlo subito, perché i sequel sono sostanzialmente garantiti) su un rapporto affettivo - se tale lo si può definire - decisamente fuori dal comune. Anzi, talmente fuori che al confronto Christian Grey è un personaggio pudico e morigerato.
Amore a primo sequestro
Cosa sono i 365 giorni? È l'arco di tempo che Massimo Torricelli (Michele Morrone) concede a Laura Biel (Anna Maria Sieklucka) per innamorarsi di lui. Ma andiamo con ordine: all'inizio del film, durante una negoziazione mafiosa che finisce con la morte del padre, Massimo rischia di perdere la vita a sua volta, ed è ossessionato da una donna che ha visto di sfuggita prima di essere ferito. Quella donna è Laura, e cinque anni dopo lei è nuovamente in Sicilia, questa volta per tentate di salvare il proprio rapporto di coppia. Massimo, che ha preso il controllo dell'organizzazione paterna, la riconosce e la fa rapire, dicendole che non le farà nulla senza il suo consenso, e che la lascerà libera se lei non si sarà innamorata di lui entro un anno. Lei, giustamente, si oppone a tale pratica, ma col passare del tempo il fascino criminale di lui comincia a non lasciarla indifferente, anche quando le parti strettamente illegali della vita di Massimo fanno irruzione nelle trattative sentimentali tra i due.
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Sesso, bugie e videoclip
I registi Barbara Bialowas e Tomasz Mandes portano sullo schermo il romanzo di Blanka Lipinska con quella che, presumibilmente, è una grande fedeltà al testo (a giudicare dalle sinossi disponibili in rete - il libro esiste solo in polacco al momento - e dai paragoni con Cinquanta sfumature di grigio), mettendo in scena una serie di eventi che non possono essere riassunti in altro modo se non come una fantasia di stupro, che fanno venire in mente il vecchio meme che circolava su Christian Grey: "È considerata una storia d'amore solo perché lui è ricco. Se vivesse in una roulotte sarebbe un episodio di Criminal Minds." Con la differenza che, per quanto i libri di E.L. James siano carenti sul piano artistico, almeno fanno il minimo indispensabile per creare un vero rapporto umano tra i due amanti, il cui percorso erotico è interamente consensuale. Lo stesso non si può dire in questa sede, poiché Massimo viene rappresentato come uno stupratore prima ancora dell'entrata in scena di Laura, e il film lo assolve sostanzialmente con il ragionamento "Se scopa bene, gli si perdona tutto." Un fallocentrismo che si manifesta anche nelle scene di sesso, spinte ma non troppo: la nudità è molto standard, fatta eccezione per due momenti di rapporto orale dove si intravedono di sfuggita un paio di centimetri di protuberanza maschile.
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Il tutto è raccontato in immagini che oscillano costantemente tra le atmosfere roventi di un videoclip (non a caso Morrone, che è anche cantante, contribuisce alla colonna sonora del film) e quelle lussuose ma palesemente finte di un porno losangelino, supportate da una sceneggiatura che sfiora il ridicolo da ogni punto di vista, che si tratti della logica narrativa, della componente morale o delle battute (la frase scult per eccellenza è "Mozzarella ha trasformato il tuo cervello in pesto", seguita a ruota da "Ti scoperò così forte che ti sentiranno urlare a Varsavia"). Queste ultime, se viste in lingua originale, acquistano una dimensione surreale in più poiché con poche eccezioni il cast è interamente polacco, anche per i ruoli che richiedono la lingua italiana, e il risultato è involontariamente esilarante, ma non al punto da compensare le pecche estetiche, formali e contenutistiche. Fino ad arrivare al momento di commiato, che promette un secondo capitolo che a quanto pare è già in lavorazione, ma attualmente in standby per cause di forza maggiore. E da quel punto di vista è buffo che la trilogia arrivi sullo schermo adesso, in un momento in cui le scene più esplicite forse dovranno essere rimaneggiate per gli episodi rimanenti. Con buona pace di Massimo e della sua filosofia da patriarcato.
Conclusioni
Chiudiamo questa recensione di 365 giorni con un certo senso di vergogna, consapevoli di aver contribuito alle visualizzazioni di un film che sta spopolando su Netflix nonostante le sue qualità praticamente nulle sul piano cinematografico, senza dimenticare la sua discutibilità morale. Evidentemente è intrigante quanto basta per chi è in astinenza da storie alla E.L. James.
Perché ci piace
- I due interpreti principali danno il massimo.
Cosa non va
- La confezione del film è carente dall'inizio alla fine.
- La premessa è moralmente agghiacciante.
- La scrittura contiene diversi momenti di ridicolo involontario.
- Salvo sorprese, ci saranno altri due film.