Maurizio, Marco e Diego, tre sessantenni che si incontrano in una stanza di una clinica privata. Insieme, provano a tenere stretta l'età che passa. Come? Semplice, testando una pillola cinese che, per incanto o per illusione, li farà ringiovanire di trent'anni. Va da sé, che l'equivoco darà vita ad una sequela di situazione, diremmo, tragicomiche. Da questo spunto, ecco 30 Anni (di meno) di Mauro Graiani, e scritto insieme a Gabriele Carbotti.
Protagonisti, Claudio 'Greg' Gregori, Massimo Ghini e Antonio Catania, oltre alle loro versioni youg, ossia Claudio Colica, Leonardo Ghini e Claudio Casisa. "L'età migliore? Quando si vive bene", ci dice Greg, nella nostra video intervista. "Vivere bene vuol dire essere centrati, avere equilibrio. Non conta l'età anagrafica. Puoi avere vent'anni ma essere in un momento della vita difficoltoso".
30 Anni (di meno): intervista a Massimo Ghini, Claudio Gregori, Antonio Catania
Ma qual è l'età migliore? "Forse l'età migliore è quella vissuta in un determinato momento", confida Massimo Ghini a Movieplayer.it. "Una riflessione che nasce anche in base a ciò che hai potuto costruire, dal punto di vista familiare o pubblico. Chiaro, a trent'anni mi divertivo di più, nel senso che ero meno responsabile. Poi ciò che è arrivato dopo mi ha dato soddisfazione. Non ho ansia. Chiaro, mi mancano le persone che non ci sono più. Mi piacerebbe tornare indietro solo per stare con loro".
Un confronto con il tempo, su cui riflette Antonio Catania: "30 anni (di meno) ci sta obbligando a fare i conti con il tempo che passa! Ma a che serve? I ricordi sono belli, ma bisogna proiettarsi verso il futuro. Anche questo però potrebbe essere inutile. Dico: guardiamo il presente, e cerchiamo di fare i bravi".
Risate e confronti generazionali
In chiave comica, il film mette a confronto anche diverse generazioni. Una sorta di conflitto, in cui si ritrovano i protagonisti? Per Massimo Ghini: "Noi eravamo molto più squadra, più gruppo come comitiva artistica. Si stava più insieme. Ecco, oggi questo non lo vedo, avendoci peraltro pure un figlio giovane che fa l'attore, Leonardo. C'è meno fame. Fame in tutti i sensi. Da ragazzo avevo dei maestri, dei punti di riferimento che per me erano e rimangono fondamentali oggi. Non voglio sembrare presuntuoso, non avrò quel talento, ma io non mi sento, per quelli molto più giovani, un punto di riferimento. Non dico per forza io odio la parola maestro che mi fa veramente schifo".
E prosegue, "Non per forza io, ma comunque qualcuno che abbia fatto un percorso. Sono tutti educati e gentili, ma non mi pare ci sia un riconoscimento. Questo alcune volte mi ha portato in conflitto. Non siamo la storia del cinema, però voglio dire... un minimo di rispetto va dato. Noi eravamo attori, adesso c'abbiamo... i soffiatori! Questi attori che parlano tutti a bassa voce, senza farsi capire. Non vi preoccupate, mi assumo le mie responsabilità di quello che dico!".
Invece, per Claudio Gregori, la questione generazionale è una questione relativa alle scelte. "Le nuove generazioni non hanno purtroppo la possibilità di scegliere, al contrario nostro. Io ho iniziat come fumettista. Penso alla musica: sei indirizzato solo verso un genere. Non essendoci dei mentori, non si trovano alternative. C'è uniformità, ed è un peccato". Ancora più profondo Antonio Catania, che spiega: "Siamo figli ma non padri. Chi ha preceduto era sia figlio che padre, ma anche maestro. Bisogna "uccidere il padre e la madre", i ragazzi dovrebbero prendere distanza da ciò che è stato per poter riuscire a spiccare il volo. Se non ti consideri in qualche modo migliore, non hai la spinta per affrontare le cose".