Se dovessimo redigere una classifica dei film che maggiormente hanno segnato l'immaginario collettivo e la cultura popolare degli anni Novanta, un posto d'onore spetterebbe senz'altro a Ghost - Fantasma. Una fra le love story per eccellenza del mondo della celluloide, senz'altro la più conosciuta del decennio subito dopo Titanic, ma anche una di quelle più originali ed insolite, e che non sembrano aver subito la "prova del tempo" (come potrebbero dimostrare gli innumerevoli passaggi televisivi, tuttora seguitissimi).
Negli Stati Uniti la pellicola diretta da Jerry Zucker, regista de L'aereo più pazzo del mondo, arrivava nelle sale esattamente venticinque anni fa, il 13 luglio 1990. Già il suo debutto (dodici milioni di dollari di incasso nel primo week-end) lasciava presagire un successo di vasta portata, ma forse nessuno o quasi avrebbe immaginato le dimensioni di un fenomeno destinato a infrangere numerosi record, soprattutto in virtù di un passaparola strepitoso. Nel corso di tutta l'estate, ma anche dell'autunno e ancora nel periodo natalizio, il pubblico americano affollò le sale per commuoversi di fronte alla storia d'amore fra Sam e Molly, facendo registrare oltre cinquanta milioni di biglietti venduti (una cifra superata, quell'anno, soltanto da Mamma, ho perso l'aereo).
Nel frattempo, la reputazione di Ghost si era diffusa anche nel resto del mondo: anticipato da una fervida attesa, il film di Zucker galvanizzò il pubblico in ogni angolo del pianeta, arrivando ad incassare qualcosa come mezzo miliardo di dollari (in un periodo in cui un biglietto del cinema costava circa la metà rispetto ad oggi) ed entrando nell'elenco delle pellicole più viste di sempre. Di fronte a un entusiasmo di massa tanto elevato, perfino l'Academy decide di inchinarsi: all'edizione degli Oscar del 1990 Ghost ottenne cinque nomination, incluso un posto nella cinquina come miglior film, e la sera del 25 marzo 1991 si aggiudicò due statuette per la miglior attrice supporter e per la miglior sceneggiatura originale, firmata da Bruce Joel Rubin. Una consacrazione sorprendente, per un'opera che non solo non ha mai ambito ad essere un capolavoro (e di certo non può essere definita come tale), ma che alla profondità e al lirismo dei grandi melodrammi predilige un retrogusto kitsch, un romanticismo alquanto zuccheroso e sfumature quasi demenziali. Eppure, la miscela dei suddetti elementi ha raggiunto un equilibrio così 'miracoloso' da aver reso Ghost un cult inter-generazionale, tuttora amatissimo a venticinque anni dal suo esordio - e ancora capace di far spuntare qualche puntualissima lacrima negli occhi degli spettatori più sensibili. Oggi, pertanto, festeggiamo il venticinquesimo compleanno di Ghost ripercorrendo i principali ingredienti di un successo davvero 'soprannaturale'...
1. Un amore oltre la morte
Cosa ha permesso a Ghost di diventare uno dei maggiori successi mai realizzati? Il principale punto di forza del soggetto di Bruce Joel Rubin risiede probabilmente nella fusione di due aspetti basilari: la storia d'amore e la dimensione ultraterrena. Ghost non è stato certo il primo film ad amalgamare un romanticismo alla massima potenza con un approccio fantastico alla narrazione, ma è quello in cui tale connubio funziona in maniera quasi impeccabile. Ogni grande love story, in fondo, dev'essere imperniata su un conflitto che tiene separati i due amanti... e quale conflitto più drastico e spaventoso della morte stessa? Trasformare l'eroe della vicenda in un fantasma intrappolato fra il mondo terreno e l'aldilà, e nel frattempo impegnato a proteggere la donna amata, è stata la vera idea vincente del copione. Come ha dichiarato lo sceneggiatore Rubin: "Volevo raccontare una storia su cosa voglia dire essere un fantasma, ma dal punto di vista del fantasma. L'ho trovato molto avvincente: come ci si sente a essere morti, ma ancora qui? La morte ha significati differenti nelle diverse culture; ero alla ricerca di un modo per inquadrare la storia e un giorno stavo guardando Amleto, in cui il fantasma del padre di Amleto appare e gli dice 'Vendica la mia morte'".
Una volta impostato il racconto su questi binari, Rubin ha azzeccato un altro paio di trovate formidabili che, pur nella loro semplicità, hanno contribuito ad infondere quel tocco di concretezza in più al rapporto fra Sam e Molly... ad esempio, il loro, personalissimo modo di dirsi "Ti amo". Mentre Sam è ancora in vita, Molly gli rimprovera il fatto di non rivolgerle mai la fatidica frase, limitandosi a rispondere con un laconico "Idem" (in originale "ditto"), e Sam ribatte: "'Ti amo' si dice troppo spesso, ormai non sa più di niente". Ma in seguito, quando Molly si rifiuta di credere che il fantasma di Sam stia cercando di comunicare con lei, sarà proprio quell'idem ad instillare il dubbio nella sua mente. E verso la fine del film, lo scetticismo della ragazza crollerà una volta per tutte durante una sequenza tuttora nella memoria del pubblico: un penny sollevato da una mano invisibile e depositato dolcemente nella mano di Molly, in una scena in cui a 'parlare' sono solo le immagini e la bellissima colonna sonora composta da Maurice Jarre.
2. Patrick Swayze: il "fantasma" più amato del grande schermo
A prestare il volto al ruolo di Sam Wheat è stato un attore che, pur essendosi fatto notare al cinema solo dopo i trent'anni, nel 1990 era nel pieno di un'incredibile ascesa: il trentasettenne Patrick Swayze. Ingaggiato nel 1983 da Francis Ford Coppola nel cast corale de I ragazzi della 56a strada e diventato famoso nel 1985 grazie a Nord e Sud, una miniserie bellica a sfondo storico trasmessa dalla ABC, Patrick Swayze era già entrato nel cuore di milioni di ammiratrici nel 1987, quando era stato protagonista di un altro cult movie dall'immensa popolarità (non troppo lontana, tutto sommato, da quella di Ghost): Dirty Dancing, film sentimentale diretto da Emile Ardolino, con Swayze nella parte di un fascinoso insegnante di danza e Jennifer Grey nei panni dell'ingenua ragazza che perde la testa per lui. Consacrato già da allora come uno dei nuovi sex symbol di Hollywood, con Ghost Swayze azzeccò il ruolo di una vita: quello dell'amante gentile e protettivo che, con incrollabile determinazione, sceglie di rimanere accanto alla sua fidanzata anche dopo il proprio trapasso.
Perfetto nella parte di Sam, sull'onda del trionfo di Ghost Patrick Swayze fu eletto dalla rivista People l'uomo più sexy del 1991; nello stesso anno regalò un'eccellente prova d'attore nella parte di un surfista rapinatore di banche nel magnifico Point Break - Punto di rottura, per la regia di Kathryn Bigelow, accanto a un giovanissimo Keanu Reeves. Da allora, la carriera di Swayze è proseguita fra alti e bassi, con occasionali successi - incluso un singolare ruolo da drag queen in A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar - e un discreto numero di flop. L'attore americano è scomparso nel 2009, a cinquantasette anni d'età, dopo una lunga lotta con il cancro, destando grande commozione tra i suoi fan e fra chi ha continuato e continua a ricordarlo per classici come Ghost, Dirty Dancing e Point Break.
3. Demi Moore: la sex symbol della porta accanto
Se prima dell'uscita di Ghost Patrick Swayze era già un divo di fama internazionale, lo stesso non si poteva dire della sua comprimaria, la ventisettenne Demi Moore, ingaggiata per impersonare il ruolo di Molly Jensen. All'epoca, la Moore era nota soprattutto per aver sposato tre anni prima il collega Bruce Willis (al quale, fra l'altro, era stata proposta la parte di Sam), ma da un punto di vista professionale aveva comunque dato prova della propria presenza scenica in un paio di titoli importanti del cosiddetto Brat Pack: St. Elmo's Fire del 1985 e A proposito della notte scorsa... del 1986, accanto a Rob Lowe. Considerata una giovane promessa in ascesa, dopo il successo di Ghost Demi Moore si ritrovò ad essere una delle attrici più richieste e della sua generazione: la sua Molly, con un caschetto di capelli corti e neri, lo sguardo malinconico e una bellezza genuina e senza fronzoli, stabilì da subito un nuovo modello di femminilità, trasformando la Moore nella nuova "fidanzatina d'America", in diretta concorrenza con Meg Ryan e Julia Roberts.
Uno status da sex symbol che Demi Moore si è impegnata a mantenere per almeno un decennio: celeberrima la sua copertina per Vanity Fair nel 1991, fotografata completamente nuda e incinta di sette mesi da Annie Leibovitz, mentre hanno fatto scalpore film dal discreto tasso erotico come Proposta indecente, Rivelazioni e Striptease, che hanno incrinato l'immagine da ragazza "acqua e sapone" di Ghost. Più attenta al box office che non a soddisfare la critica, da Striptease in poi la Moore ha visto la sua carriera prendere una china discendente che, ciò nonostante, ha riservato pure qualche titolo di tutto rispetto (Bobby e Margin Call), mentre le cronache rosa hanno dedicato parecchie colenne al divorzio da Bruce Willis e al burrascoso matrimonio (dall'esito non proprio felicissimo) con l'attore Ashton Kutcher.
4. Whoopi Goldberg: una medium da Oscar
Ammettiamolo: oggi non saremmo qui a parlare di Ghost se non fosse stato per il personaggio più memorabile del film, Oda Mae Brown. Iraconda, sboccata, materialista, ma dotata in fondo di un gran cuore, Oda Mae è la sedicente medium (in realtà un'abilissima imbrogliona, o perlomeno così crede lei stessa) in cui per caso si imbatte Sam mentre si trova nella sua condizione di 'ectoplasma'. E la povera donna, che non sospetta minimamente di possedere facoltà paranormali, ragisce con incontrollabile terrore quando si rende conto di essere l'unica a poter sentire la voce del fantasma, salvo poi diventare lo strumento con il quale Sam tenterà di contattare Molly, mettendola in guardia dal pericolo che incombe su di lei. Ma oltre a rivestire un'importanza centrale ai fini del racconto, Oda Mae è anche il vero asso nella manica di Ghost: una figura spassosissima, legata in maniera indelebile alla sua interprete, una Whoopi Goldberg geniale nel riprodurre il cinismo, le piccole isterie e l'atteggiamento costantemente sopra le righe di questa bislacca medium.
Nata a New York, all'anagrafe Caryn Elaine Johnson, Whoopi Goldberg aveva fatto fortuna grazie a un innato talento comico e di imitatrice che l'aveva portata sui palcoscenici di Broadway, facendosi notare perfino da Steven Spielberg. Ingaggiata da Spielberg come protagonista dell'acclamato film Il colore viola, nel 1985, alla soglia dei trent'anni, la Goldberg aveva sfoderato sorprendenti capacità di attrice drammatica, conquistando il pubblico e sfiorando l'Oscar. Fu però Swayze a 'sponsorizzarla' per la parte di Oda Mae, e di rado scelta di casting fu più azzeccata: dalle sue vivaci sfuriate contro un invisibile spettro rompiscatole, passando per l'esilarante sequenza in banca, Whoopi Goldberg ruba la scena ogni volta che compare sullo schermo, regalando al film quella marcia in più che lo ha reso un classico. Ricompensata per la sua performance con il premio Oscar e il Golden Globe come miglior attrice supporter, la Goldberg ha messo a segno due anni più tardi un altro ruolo da antologia, ovvero la finta suora con ambizioni da showgirl nel campione d'incassi Sister Act; in seguito si è dedicata sempre più spesso alla televisione, tornando al cinema solo saltuariamente, ma la sua Oda Mae rimane uno dei personaggi a tinte comiche in assoluto più amati dagli spettatori.
5. Unchained Melody
A un film d'amore che si rispetti, non può mancare una colonna sonora in grado di conferire la giusta atmosfera ai momenti più romantici del film; e nel caso di Ghost, il tema musicale ha rappresentato un altro elemento vincente su tutta la linea. La scena più celebre della pellicola, riprodotta in infinite citazioni e parodie, è infatti quella in cui Sam e Molly uniscono le loro mani per modellare insieme un vaso d'argilla, mentre in sottofondo il giradischi diffonde la voce di Bobby Hatfield dei Righteous Brothers, sulle note di Unchained Melody. Composta da Alex North nel lontano 1936, rimasta inedita fino al 1955 e quindi inserita nel film Senza catene (ottenendo la nomination all'Oscar come miglior canzone), Unchained Melody fu incisa quell'anno in quattro versioni di successo da parte di quattro diversi cantanti. Dieci anni più tardi fu la volta del disco registrato dai Righteous Brothers e prodotto da Phil Spector, che arrivò al quarto posto nella classifica Billboard e si sarebbe rivelato un evergreen, oggetto di numerose cover in ogni decennio.
Trainata dal successo di Ghost, nel 1990 Unchained Melody rientrò in classifica negli Stati Uniti, raggiunse il primo posto della hit parade in Gran Bretagna e divenne un tormentone senza precedenti, associato inevitabilmente alla famosissima scena del vaso d'argilla, nel corso della quale si scatena la passione fra Sam e Molly. Sebbene castissima per gli standard odierni, la sequenza in questione, in virtù dell'alchimia fra Patrick Swayze e Demi Moore, della musica di Unchained Melody a tutto volume e dell'argilla che fa da 'collante' alla frenesia fra i due amanti, è ritenuta non a torto una fra le più erotiche del cinema contemporaneo...