"Sono l'agente federale Jack Bauer. Oggi sarà il giorno più lungo della mia vita"
Segnatevi bene questa data: il 24 giugno 2020, e non poteva essere scelto un giorno diverso, arriva in streaming, su Netflix, 24, uno dei prodotti che più hanno segnato la serialità degli ultimi 20 anni e la storia della tivù in assoluto. Quando parliamo di serie che hanno cambiato la storia della tv, siamo soliti seguire alcune di tappe: Twin Peaks, X-Files, I Soprano e Six Feet Under, il seminale Lost. Tra queste tappe c'è sicuramente 24, la serie creata da Joel Surnow e Robert Cochran con Kiefer Sutherland come protagonista. Era il 2001 e c'era ancora la tivù classica, quella lineare, quella dei palinsesti. E in questo mondo 24 ha portato un nuovo linguaggio, traghettandoci, insieme a Lost, altra serie evento dei primi Duemila, che sarebbe arrivata qualche anno dopo, nella Golden Age della serialità che stiamo vivendo oggi. La grande idea di 24 è stata quella di raccontare 24 ore della vita di una persona, l'agente antiterrorismo Jack Bauer, con una serie in tempo reale (o quasi, come vedremo), in 24 puntate da un'ora.
Il tempo reale
In realtà le puntate sono di 45 minuti, ma diventavano 60, nella tivù lineare, con l'inserimento della pubblicità. Vederle su Netflix, senza soluzione di continuità, avrà un effetto leggermente diverso, ma non cambierà molto, in fondo. Perché la forza di 24, comunque, è data dallo scandire inesorabile del tempo. Un orologio digitale, che ci informa del tempo che sta passando, è l'artificio che ci permette di restare in contatto con il tempo reale. Ma è anche un eccezionale strumento di suspense. In 24 c'è sempre la minaccia di un attentato, un ostaggio da uccidere, insomma una deadline entro cui intervenire per sventare qualcosa. E per cui il tempo, ovviamente, è troppo poco. Il linguaggio di 24, in questo modo, esplicita il meccanismo della suspense, e ce lo mette continuamente davanti agli occhi. Avete presente i timer con il conto alla rovescia delle bombe che troviamo nelle scene clou di decine di film? Ecco, quel timer qui va in avanti e non all'indietro, ma ce lo troviamo continuamente davanti agli occhi.
24: I 10 momenti migliori della serie con Jack Bauer
Lo split screen
Un altro topos del linguaggio di 24 è lo split screen. Per farci capire che stiamo assistendo agli eventi in tempo reale i creatori della serie usano anche questo espediente: farci vedere che, mentre sta accadendo un fatto, un altro sta accadendo contemporaneamente. Le scene con lo schermo diviso in più riquadri durano pochi secondi, che fanno da raccordo tra una scena e l'altra, dove una serie classica avrebbe usato un semplice montaggio alternato. Vedere contemporaneamente due, tre o quattro scene ci dà quella sensazione di azione in contemporanea. Ma lo split screen ha anche un altro senso: perché alla missione principale di Jack Bauer spesso si aggiunge qualche problema nella vita privata, che, come capiremo presto già nella prima stagione, spesso è collegata alle sue azioni. Tutto questo per farci capire quanto è difficile per lui: Jack Bauer deve agire sempre su più fronti. Spesso, in 24, accanto alla principale si dipanano delle sottotrame: la narrazione della serie segue sempre più strade che si riuniscono in quella principale, oppure ci sono alcune strade che sembrano una via minore, ma, dopo una svolta narrativa, diventano la principale. L'effetto dello split screen, combinato all'orologio con il tempo che continua a scorrere inesorabile, è comunque tutto in una parola: ansia. 24 è riuscito - tra linguaggio, scrittura, temi trattati - a creare una tensione costante, perennemente alta, come nessuna serie e pochissimi film hanno saputo fare.
La profezia
"24 è diventata incredibilmente attuale a causa dell'11 settembre. Considerando che ogni stagione è stata scritta circa nove mesi prima della messa in onda, c'è da aver paura: trattavamo di armi chimiche e mentre andavamo in onda veniva arrestato un tizio carico di antrace. Idem con i cinesi e lo spionaggio informatico. Sembrava che Gordon si domandasse: 'Qual è la cosa peggiore che potrebbe accadere nei prossimi nove mesi?'. Purtroppo era molto bravo a indovinare". Lo ha detto Kiefer Sutherland, e ha colto perfettamente nel segno. Il fatto è che, dopo l'11 settembre 2001, la minaccia di attentati nel cuore della civiltà americana è diventata terribilmente concreta, possibile, e quindi 24, che fino a pochi anni prima sarebbe sembrata fantapolitica, è diventata una serie realistica. Negli anni ha intercettato paure molto reali: la minaccia di armi chimiche, il narcotraffico ai confini con il Messico, la ritrovata tensione con la Russia, dopo anni di disgelo, la nuova minaccia cinese. E, ovviamente, il terrorismo di matrice islamica. Ma 24 è stata una serie profetica anche per quanto riguarda la politica interna americana. Ha profetizzato il primo presidente americano di colore, il Presidente Palmer di Dennis Haysbert che ha anticipato di parecchi anni l'elezione di Barack Obama. E ci è andato molto vicino con la prima presidente donna, l'Allison Taylor di Cherry Jones. Quando Hillary Clinton ha sfidato Donald Trump per la presidenza degli Stati Uniti, in tanti abbiamo pensato che 24 avesse fatto centro un'altra volta. Ci è andato comunque vicino.
24, Day 7: Jack Bauer sbarca a Washington
Jack Bauer, l'America del 2000
E 24 è senza dubbio anche Jack Bauer. Un personaggio entrato nella storia: è stato il ruolo della vita di Kiefer Sutherland, che fino a quel momento aveva fatto molti buoni film senza lasciare il segno in un ruolo memorabile. Con Jack Bauer ha costruito un personaggio indelebile. È un uomo profondamente convinto dei valori che incarna, del suo ruolo di difensore del suo Paese, in nome dei quali è disposto a sacrificare anche la sua vita personale. L'altra faccia della medaglia sono i suoi metodi: spesso senza scrupoli, senza rispetto delle regole. 24 ha vissuto in gran parte durante l'era George W. Bush, quella delle detenzioni a Guantanamo, delle torture spintesi troppo oltre, del Patriot Act e delle violazioni della privacy. In un certo senso Jack Bauer, pur rimanendo un personaggio positivo, è stato anche lo specchio e il simbolo di quell'America. E attorno a lui si è anche acceso un interessante dibattito su quanto sia lecito spingersi oltre le regole, e violare i diritti umani, in nome di un fine superiore, come quello della difesa di una nazione, e per salvare molte vite umane. "Amo 24 perché spinge gli spettatori a prendere posizione e a discutere. Qualche volta anche animatamente: e una serie che arriva a far litigare la gente, per me è fantastica" ha detto Sutherland. Ma Jack Bauer è anche molto altro. È un personaggio che non esita a sacrificare la sua vita privata in nome della sua missione. È lui quello che paga sempre, mentre la politica ne esce pulita. Negli anni di 24 lo abbiamo visto diventare tossicodipendente, vivere alla macchia, fingere la sua morte, essere detenuto nelle prigioni cinesi, essere messo sotto indagine.
Alzare l'asticella
Come avete capito, ogni stagione (che, in 24, viene chiamata "Giorno") deve mantenere alta la tensione per 24 puntate, e praticamente ci è sempre riuscita, solitamente lavorando su 3 grandi deadline della durata di otto puntate: una volta sventata la prima, riaffiora un pericolo ancora maggiore e così via. Ma la vera impresa è stata creare otto stagioni (più una nona, di cui parleremo a parte), quasi tutte di ottimo livello, spesso più avvincenti delle precedenti. Come in un videogame, a ogni schema la difficoltà aumenta. Si è trattato di alzare ogni volta l'asticella, di creare nemici più perfidi, pericoli più grandi, di mettere più persone in pericolo. I creatori della serie sono stati bravissimi a trovare agganci nelle stagioni del passato e di riportarli in scena nel momento più inaspettato. Pensiamo al ritorno della "traditrice" Nina Meyers nella stagione 3, dopo il finale shock della 1. O al rientro in scena dei cinesi nel finale della stagione 5 ("la Cina non dimentica, Signor Bauer..."), dopo che, in una serie precedente, Bauer si era introdotto furtivamente nell'ambasciata cinese a Los Angeles, e la cosa sembrava finita lì. O ancora, al rientro in scena dell'ex Presidente Logan, un simil Nixon ambiguo e machiavellico, nella stagione 8, dopo che sembrava ormai fuori dai giochi. O il plot tiwst che vede il ritorno in scena di Tony Almeyda, uno dei più fidati collaboratori di Bauer, nella stagione 7.
24: la stagione 8 tra tradizione ed innovazione
Los Angeles, Washington, New York
Se il centro dell'azione è sempre stato Los Angeles, e il CTU (Counter Terrorist Unit), immaginaria unità antiterrorismo, 24 ha dimostrato di sapersi rinnovare anche nelle location e nella formula. Dopo lo stop (era l'anno dello sciopero degli sceneggiatori) alla fine della stagione 6 e il fiim 24: Redemption che è nato come raccordo, 24 ci ha sorpreso di nuovo con la stagione 7: Jack Bauer è a Washington, la capitale, per l'udienza di un processo, e la storia vede una Casa Bianca sotto attacco. È il simbolo degli anni post 2001, in cui l'America si è sentita costantemente vulnerabile e in continuo pericolo. Jack Bauer e pochi fedelissimi lavorano senza il costante supporto del CTU e i suoi tecnologici locali, ma con mezzi di fortuna. È stata una grande idea per ripartire. Abbiamo amato anche molto la stagione 8, quella ambientata a New York. La città ha un fascino fuori dal comune, così cinematografico, ma è anche il simbolo dell'America ferita dal terrorismo, il luogo dove, con l'11 settembre 2001, sono nate tutte le paure. La serie che ha forse rievocato meglio questo clima, giustamente, si chiude qui. Ci è piaciuta per il ritorno di Elisha Cuthbert nel ruolo della figlia di Jack, Kim Bauer, e per la dolente storia tra Jack e il suo nuovo amore, Renee Walker (Annie Wersching). E per quel finale, in cui Jack Bauer, dopo aver salvato ancora una volta il mondo, deve far perdere le sue tracce: il suo sguardo verso la macchina da presa, cioè la telecamera di un drone che lo segue dall'alto prima di "perderlo", verso la sua fedele collega Chloe O'Brian (Mary Lynn Rajskub) è di quelli che non si scordano: c'è dolore, rimpianto, sconforto, ma anche la pace di chi ha fatto ancora la cosa giusta.
24: una serie irripetibile
Ci piace pensare che il vero 24 sia finito qui. Quello della stagione 8 è il finale perfetto. Invece la serie ha avuto un ultimo atto, 24: Live Another Day, ambientato a Londra, un tema svolto, stavolta, in sole 12 puntate. Un ultimo atto che non ha aggiunto molto alla serie, e che ci dimostra una cosa: 24 è stato un format ben preciso, dalla formula irripetibile. E non è un caso che le varie declinazioni che ne sono state fatte non abbiano avuto lo stesso effetto. Non è stato così per la miniserie di cui sopra, ma neanche per 24: Redemption, il film di due ore che serviva da raccordo tra la stagione 6 e 7, ma non aveva niente della serie originale. Anche la serie 24: Legacy, stessa formula ma con un altro protagonista, non ha funzionato. E non ha mai visto la luce il film destinato al cinema tratto dalla serie, di cui si è parlato per anni. Lo stesso Kiefer Sutherland, identificato come pochi altri con il personaggio di Jack Bauer, non ha funzionato in altre serie: in Designated Survivor è bravo, ma è strano vederlo nei panni di un neopresidente, uno di quelli a cui Bauer avrebbe prestato aiuto. Quanto al cinema, il thriller fantapolitico è forse quello che ha sofferto di più. Per anni ci siamo trovati costantemente a dire: c'è più suspense in una puntata di 24 che in un film come questo.
24: Legacy - anche senza Jack Bauer, la serie rimane (troppo) fedele a se stessa
Binge watching quando non esisteva il binge watching
È per questo che 24 è una serie unica. Ci sembra ieri quando, un sabato sera, abbiamo iniziato a vederla su Rete 4 (a proposito, la tv italiana avrebbe potuto valorizzarla meglio). Era la tivù lineare, quella con i palinsesti fissi, con la pubblicità (che però faceva sì che le puntate durassero un'ora e quindi ci faceva godere appieno del tempo reale). E i potentissimi cliffhanger della serie ci facevano davvero stare in sospeso per una settimana. Negli anni seguenti, con la tivù in chiaro che ha creduto poco in 24, ci siamo trovati a vederla spesso in home video, e abbiamo capito che 24 è la serie da binge watching per eccellenza. Su Rete 4 non potevi farlo. Ma in dvd non vedevi mai una puntata alla volta. Adesso che arriva su Netflix, quando vi appresterete a vedere 24, dovete essere pronti ad avere diverse ore a disposizione davanti a voi: una volta iniziata 24, non potrete più staccarvi.