24: Legacy, il produttore Howard Gordon: "In arrivo storie più complesse"

Il creatore di 24: Legacy ci parla dell'eredità di Jack Bauer e della televisione americana nell'era Trump.

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Ci sono persone a cui bisognerebbe dire grazie molte volte, peccato che spesso e volentieri neanche si conosca l'esistenza di questi benemeriti. Per esempio, chi scrive non conosceva Howard Gordon, ma quando ha iniziato a fare ricerche per preparare quest'intervista ha capito che gli dobbiamo tanto. Da oltre trent'anni nel giro che conta della televisione americana, Gordon ha lavorato con Chris Carter a X-Files, con Joss Whedon a Buffy - L'ammazzavampiri e soprattutto ad Angel, e poi è stato produttore, sceneggiatore e show runner di 24, uno dei prodotti che ha rivoluzionato il concetto di serie televisiva all'inizio degli anni 2000. Dopo 24, ha fatto lo stesso con Homeland, vincendo anche un Emmy come sceneggiatore per la serie con Claire Danes e Damian Lewis. E adesso è tornato sul luogo del delitto, come si suole dire, con 24: Legacy, show che raccoglie la pesante eredità di Jack Bauer. Ne abbiamo parlato a Londra, in una conversazione che ci ha fatto capire molte cose di quello che sta succedendo in America negli ultimi mesi.

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24 Legacy: Alla maniera di Jack Bauer

Partiamo da 24: Legacy. Tornare indietro nel tempo è difficile quanto piacevole.

Lo è, perché si cerca di fare qualcosa che sia nuovo e nostalgico allo stesso tempo. Ma quello che ha spinto tutti noi a riprendere in mano 24 è stato il desiderio di tornare a raccontare una storia con quel format temporale. Era una sfida all'epoca e lo è anche oggi, incredibilmente stimolante. E la presenza di un attore come Corey Hawkins, dal grande talento e molto generoso, nei panni di Eric Carter, ci ha aiutato a fare del nostro meglio.

Quanto diversi sono Eric Carter e Jack Bauer?

Moltissimo, è stato uno degli esercizi su cui ci siamo applicati maggiormente. Jack era una spia esperta, già molto avanti nella carriera, con una figlia adolescente, cinico e conscio di tutto quello che lo circondava. Eric è molto più giovane ed è un soldato, raccontiamo la nascita e la formazione di un agente segreto. E poi è nero, che non è un elemento rilevante in senso assoluto, ma siamo consapevoli che la questione razziale negli Stati Uniti è ancora molto delicata. Se raccontiamo la storia di un eroe americano, che si sacrifica per il bene collettivo, dobbiamo tenere conto dell'eventuale reazione del tessuto sociale del nostro paese, in cui una maggioranza considera ancora scontato che sia un bianco a difenderli dai pericoli.

24: Kiefer Sutherland in una scena della stagione 8
24: Kiefer Sutherland in una scena della stagione 8

Mi chiedo come si sarebbe comportato Jack Bauer nei confronti dell'attuale politica internazionale decisioni della Casa Bianca.

Ah, piacerebbe saperlo anche a me!

Mi viene in mente perché in fondo Jack Bauer è un anarchico nichilista, un personaggio molto simile al Callahan di Clint Eastwood, ma con un senso della giustizia estremamente elevato. Credo che mai come oggi voi dobbiate fare molta attenzione a ciò che scrivete.

Sono completamente d'accordo. Ma è un'altra sfida che è un piacere accettare. Quando creammo Jack Bauer era più semplice, non avevamo bisogno di spiegare nel dettaglio le sue azioni e le conseguenze delle stesse. Oggi è diverso, la gente vuole sapere perché un personaggio si comporta in una certa maniera e lo rapporta con la realtà, e soprattutto sempre più spesso si pone una domanda fondamentale: cosa vuol dire oggi essere americano. E spesso la risposta può essere spiazzante.

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Esatto, oggi Jack Bauer verrebbe considerato un comunista, ma dai metodi molto efficaci. Tornando a Eric Carter, quale sarà il suo futuro?

Vogliamo vederlo crescere, evolvere, sia come agente che soprattutto come uomo. Questo secondo aspetto è quello a cui teniamo maggiormente, perché ci permetterà di raccontare storie più complesse. In Homeland, per esempio, il personaggio di Carrie Mathison doveva essere molto più maturo e volevamo inizialmente prendere un'attrice meno giovane. Ma poi ci siamo chiesti quale sarebbe stata l'evoluzione del personaggio dal punto di partenza e come avrebbe reagito, quindi abbiamo pensato che darle il tempo di formarsi avesse più senso. Tornando a Jack, più che un anarchico, lo considero un individualista, un professionista che considera il governo una struttura composta da incompetenti incapaci di proteggere la nazione dai pericoli che la minacciano. E quindi, costretto a prendere decisioni estreme per poter risolvere la situazione.

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Da X-Files a 24 Legacy, passando per Homeland

David Duchovny e Gillian Anderson in X-Files
David Duchovny e Gillian Anderson in X-Files

Qualcosa mi dice che le esperienze con Chris Carter e Joss Whedon le hanno dato molto. Sono passati venticinque anni: come ha vissuto questo lungo viaggio, durante il quale è cambiato il concetto stesso di serie e di televisione?

Certamente, porto molto di quegli anni con me, e senza quelle esperienze non potrei affrontare le nuove sfide che mi si pongono davanti. E non sto parlando di me, ma del media televisivo in generale. Ci sono delle fantastiche nuove voci che stanno cambiando l'industria radicalmente, raccontando storie innovative, e sto imparando anche da loro. Perchè lo devo fare, non posso restare bloccato da ciò che è stato, altrimenti vivrei nella nostalgia di una televisione che non c'è più. Ma questo non vuol dire che debba essere dimenticato.

Restare sintonizzati con i tempi è sempre più difficile. La produzione di una stagione prende sette, otto mesi, il rischio di essere già vecchi è sempre presente.

Certo, come successo in Homeland, nell'ultima stagione il presidente degli Stati Uniti è una donna, ma Hillary Clinton non ha vinto la corsa alla Casa Bianca. Ma il nostro lavoro non è prevedere il futuro, ma raccontare storie nel modo migliore possibile.

In fondo solo I Simpson hanno predetto il futuro.

Esatto, e sedici anni prima che accadesse.

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Benvenuti a Trumpland

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A proposito del Presidente Trump, abbiamo visto come la comunità di Hollywood sia compatta contro di lui. E quella televisiva?

Credo che l'industria televisiva sia da sempre molto più paziente, riflessiva in un certo senso. Sarà allo stesso modo attenta all'operato di Trump, e lo criticherà quando necessario, ma con metodi diversi. Parliamo di un media che entra nelle case di ogni singolo americano, bisogna essere accorti nel modo in cui si veicola una notizia, soprattutto in questo periodo. Essere fraintesi o far arrivare il messaggio completamente opposto è più facile di quanto sembri.

Quindi l'ultima domanda è: voi produttori, autori, showrunner, dovrete essere cauti o coraggiosi nei prossimi quattro anni?

Credo il media televisivo sia sempre stato sempre molto provocatorio, ma sta cambiando, e con lui cambiano le nostre abitudini. Una volta la vita era scandita dalla sicurezza del programma e dalle conversazioni il giorno dopo. Oggi non è più così, siamo travolti dal binge watching. Detto ciò, credo che sicuramente dovremo essere coraggiosi, ovviamente non stiamo andando in guerra, ma sicuramente dovremo assumerci delle responsabilità.

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