Sono passati due anni da quella sera, ma in realtà sono trascorsi soltanto pochi mesi. Due anni fa Leonardo Notte, camminando in piazza Duomo notturna e insolitamente deserta, sorrideva soddisfatto e diceva: "Sarà un grande 1993". "Un assist alla Gullit", avrebbe detto qualcuno in quegli anni, un passaggio perfetto per la stagione successiva di 1992. Da quella promessa fatta nel 2015 sono passati 24 mesi. Una promessa che, nonostante la mediocrità politica imperante in quel periodo, è stata mantenuta con 1993, in arrivo su Sky Atlantic a partire dal prossimo 16 maggio. La serie riparte precisamente dal 30 aprile 1993, precisamente dal celebre lancio di monetine nei confronti di Bettino Craxi all'uscita dell'Hotel Raphael. Un momento amaramente iconico per l'Italia. Un momento dove il popolo nostrano diede gran voce alla propria indignazione nei confronti della classe dirigente.
In mezzo a quella folla inferocita, si distingue lo sguardo fermo e impassibile di Leonardo Notte, ormai ex pubblicitario, pronto ad entrare a gamba tesa nel vuoto politico di quel Paese frastornato. Agisce nell'ombra Notte (proprio come il suo cognome forse non casuale lascia intendere), dietro le quinte e al fianco di un signore di nome Silvio Berlusconi. Non aggiungiamo altro sugli sviluppi narrativi della serie e vi rimandiamo alla nostra recensione dei primi due episodi di 1993 che abbiamo visto in anteprima in quel di Milano, perché abbiamo avuto l'occasione di intervistare autori, attori e produttori Sky coinvolti in uno dei progetti più ambiziosi della serialità italiana. E così tra le tangenti del Nord e la mafia del Sud, ci siamo chiesti cosa sia rimasto di quei disgraziati anni Novanta.
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Un noir politico
C'è un'anomalia molto rara in 1993, ovvero essere la seconda stagione di una serie che ha il coraggio di cambiare nome. Secondo atto di quella che nella mente degli sceneggiatori è una trilogia da chiudere con 1994, 1993 nasce da un'idea di Stefano Accorsi. Un'idea poi ampliata e curata nei minimi dettagli dai tre sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo. Il primo a prendere la parola, però è Andrea Scrosati, executive Vice President Programming di Sky Italia, che afferma con soddisfazione: "Uno degli aspetti più intriganti di 1992 era quello di calare sei protagonisti inventati dentro un contesto reale, fortemente connesso ad una cronaca nota a tutti gli italiano. Adesso, in questa seconda stagione, questo aspetto è già consolidato, i personaggi sono parte di questa realtà, il che ci ha permesso di concentrarci più sulla storia in maniera più centrata e profonda. Per questo credo che questo sia uno dei casi in cui la prima stagione è migliore della prima. Tra l'altro il 1993 fu un anno complesso per l'Italia, un anno di suicidi e di bombe.
Eventi che ebbero un impatto psicologico molto rilevante in un Paese in cui covava molta oscurità. Anche per questo la serie di apre con un riferimento alla Rivoluzione francese, un evento storico di cui abbiamo seguito la scansione in tre atti: la rivoluzione, il terrore e la restaurazione". Venduta in oltre cento paesi, girata in oltre duecento location nel corso di sei mesi di riprese, 1993 è definita dai suoi stessi autori un "romanzo pop", una serie in costume che con questa stagione segna l'inizio della grande rabbia popolare e il desiderio della casta da abbattere. Ma come si mette in scena un cambio di anno? Come far avvertire allo spettatore il passaggio di pochi mesi come qualcosa di decisivo? Il regista Giuseppe Gagliardi ha risposto così: "Prima di tutto c'è un netto cambio stilistico in linea con lo spirito più nero dei personaggi, che ci appaiono pieni di incertezze e di paure. 1993 è un ibrido di generi, è un thriller politico-giudiziario, ma è anche un noir. Questo cambio di registro è messo in scena anche attraverso i colori dei costumi e una fotografia più cupi, così come una regia meno nervosa e più rigorosa. Ho cercato di puntare l'attenzione sui volti dei personaggi, per carpirne l'inquietudine perché in quel periodo l'Italia era destabilizzata e senza punti di riferimento".
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Il regno dei cavalieri e delle vallette
Protetto dal suo fedele cappotto, il Leonardo Notte di Stefano Accorsi ci appare impermeabile proprio come il suo soprabito. Un uomo con un passato marcio che, almeno in queste prime puntate, prova a ricominciare e a rifarsi una vita almeno nella sfera privata. Il Notte pubblico, invece, è sempre alla ricerca di nuove e più alte affermazioni, sempre affamato di nuove sfide che non possono conoscere sconfitte. Sul suo personaggio ambiguo Accorsi ha detto: "La prima stagione si è conclusa con una telefonata che di fatto ha ufficializzato una nuova posizione di Notte. Per cui, se nella prima stagione il personaggio appariva un ambizioso, qui parte già da vincitore, al fianco di Silvio Berlusconi. È come se Notte ce l'avesse fatta. Per questo viene rappresentato come un uomo molto più risoluto, con delle idee chiare e degli obiettivi precisi. Per un cinico come lui, questa situazione confusa e anarchica dove tutti sono contro tutti può solo giocare a favore". Un personaggio condannato ad una dorata infelicità è quello di Veronica Castello, valletta cocainomane a cui interessa soltanto l'affermazione personale e il riconoscimento pubblico della fama.
Miriam Leone svela: "Dentro Veronica c'è un enorme vuoto d'amore. La sua è soltanto una grande maschera, perché dietro tutti quei sorrisi e quei lustrini c'è tanto dolore. Durante questa stagione, che la vede protagonista di un grande colpo di scena, lei attraverserà il suo inferno personale, partendo dalla sua paura di invecchiare. Ecco, Veronica è una falena continuamente accecata dalle luci più forti". Al fianco di Leone siede Tea Falco che nella serie interpreta Beatrice, figlia di un imprenditore di cui eredita il difficile impero: "Anche Bibi affronta un cambiamento importante rispetto alla prima stagione. In 1992 lei era una figlia viziata, mentre adesso è un'imprenditrice collusa che si ritrova nella difficile condizione di gestire qualcosa di enorme come il potere. In 1993 il mio personaggio sarà molto solo, infatti mi sono ispirata al mondo dei samurai. Non a caso indosso un fermaglio che nella forma richiama una katana giapponese".
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Sognando Berlusconi
Quello di 1993 è un esperimento complesso, il tentativo di tessere una storia dove un momento cruciale della Storia italiana si lega a doppio filo alle storie di uomini e donne fagocitati da quel periodo buio. La difficoltà di questa operazione sta nel rispettare una serie di eventi davvero accaduti e di personaggi realmente esistiti senza però perdere di vista la possibilità della "licenza poetica", della variazione sul tema. Sulla questione, l'autore Alessandro Fabbri afferma: "Quello dei primi anni Novanta è stato un periodo storico molto denso, pieno di scossoni e di avvenimenti importanti. È chiaro che nel nostro caso abbiamo dovuto scegliere le cose più importanti da inserire, come il caso della malasanità o la maxi tangente Enimont. Tra l'altro il 1993 è un anno molto legato ai processi, e questo significa avere molta meno libertà, perché ci sono frasi e dichiarazioni che non si possono cambiare". Tra le figure politiche di rilievo inserite nella seconda stagione troviamo Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema, personaggi la cui rappresentazione ha una precisa chiava di lettura secondo la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi: "Non vogliamo proporre una ricostruzione oggettiva dei personaggi realmente esistiti.
Quello che stiamo cercando di fare con 1993 è impugnare una lente personale che cambia a seconda del personaggio in questione, una visione multipla e quindi soggettiva di quegli uomini di potere. Ad esempio Berlusconi è raccontato attraverso lo sguardo deformato di Leonardo Notte. È come un filtro attraverso cui percepiamo la sua figura". Arriva poi il momento di una domanda posta proprio da noi di Movieplayer, una domanda che ci frullava in testa da ben due anni. Fate caso ad un particolare. I cognomi dei protagonisti di 1993 sembrano le coordinate della più classica delle fiabe dark: Notte, Castello, Bosco, Pastore. Sorpreso e divertito dalla nostra domanda sul perché di questa curiosa coincidenza, l'autore Stefano Sardo ha ammesso: "Ora che ci penso, è vero. Sembrano davvero connessi. Sono sincero: è stato casuale, forse il nostro inconscio ha scavato in quegli archetipi narrativi senza che ce ne accorgessimo". E a proposito di inconscio, la conferenza stampa si chiude con una strana confessione di Stefano Accorsi: "Pensate, durante quel periodo ci fu una notte in cui sognai che Berlusconi era mio padre. Fu strano perché in quanto figlio avrei dovuto amarlo, ma non ci riuscivo". Il fato beffardo, invece, ha trasformato Accorsi nella spalla di uno dei personaggi più influenti e controversi della nostra storia recente. Una storia che parte ufficialmente nel 1994. O forse poco più prima, dietro le quinte del non troppo lontano 1993.