La recente uscita nelle sale cinematografiche di Perfect Stranger offre lo spunto per riflettere su alcune soluzioni narrative adottate, negli ultimi anni, nella realizzazione di numerosi thrillers hollywoodiani, tutti contrassegnati da un buon successo di pubblico. Ovviamente, quanto segue è ad alto tasso di rivelazione su snodi narrativi essenziali di numerose pellicole, quindi non proceda nella lettura chi è infastidito dagli spoiler.
L'ultimo film con Halle Berry, infatti, è basato su un'idea non nuova ma, certamente, dotata di grande fascino per lo spettatore: l'assassino, il colpevole è, sorprendentemente, inaspettatamente, chi indaga per scoprire l'autore del misfatto. Naturalmente, la sorpresa arriva soltanto alla fine della vicenda, quando già lo spettatore pensava che la vicenda si avviasse ad un inevitabile lieto fine, con il colpevole assicurato alla giustizia. Questo schema può regalare il brivido della sorpresa, a patto, però, che lo sceneggiatore e il regista siano in grado di spiegare analiticamente, attraverso lo strumento del flash-back, come il protagonista abbia potuto commettere il suo delitto. Le regole del gioco sono semplici e devono essere osservate, pena la delusione dello spettatore e, quindi, l'insuccesso della pellicola: una spiegazione affrettata, lacunosa, narrativamente e razionalmente debole fa pensare ad un colpo ad effetto andato a vuoto. In Perfect Stranger, il regista James Foley e lo sceneggiatore Todd Komarnicki, invece, riescono in questo intento.
È interessante notare come questo schema si adatti a vicende anche molto diverse tra loro. Ad esempio, in Secret window e Abandon - Misteriosi omicidi scopriamo due protagonisti tormentati, addirittura schizofrenici: Johnny Depp è uno scrittore in crisi, Katie Holmes è una studentessa emotivamente fragile. Anche Nascosto nel buio ci mostra un inedito Robert De Niro nel ruolo di un uomo vittima di un'evidente doppia personalità. La malattia mentale, l'instabilità emotiva, la sofferenza ed i traumi psicologici quindi, si coniugano armonicamente con il mistero: vi è, pertanto, un affascinante ed inquietante parallelismo tra gli enigmi della trama e quelli dell'animo umano.
Su tale linea, ma con ben altri risultati artistici, si pone Spider di David Cronenberg, in cui un eccellente Ralph Fiennes, emarginato ed indifeso inquilino di una squallida pensione, ha ucciso, da bambino, la madre. Anche Saw 2 - La soluzione dell'enigma presenta delle interessanti analogie con questo modello: Shawnee Smith, una dei prigionieri di Jigsaw è, in realtà, una sua complice. Quindi, un film con forti venature horror può sfruttare un intreccio come quello in esame, tipico del thriller, per sorprendere lo spettatore, superando, così, i limiti del suo genere.
Da questo punto di vista, aprendo una brevissima parentesi, un horror psicologico ed inquietante, The Skeleton Key, attraverso un coerente colpo di scena finale, si arricchisce delle cadenze di un thriller, dopo essere stato caratterizzato da oscure e minacciose presenze e da riti di magia nera.
Insomnia è un ottimo film che sarebbe riduttivo definire thriller, anche se la trama presenta importanti affinità con i titoli esposti sin qui. Infatti, Al Pacino, pur aiutando a catturare l'omicida Robin Williams, è, infine, incastrato per avere ucciso, accidentalmente, un suo collega nel corso dell'indagine. Scomodando un altro capolavoro, I soliti sospetti, si è di fronte, probabilmente, all'antenato più prossimo di molte tra queste pellicole: chi non ricorda, infatti, la vera identità del claudicante (e bravissimo) Kevin Spacey?
Molti thriller, naturalmente, non possono nemmeno paragonarsi all'opera di Bryan Singer, anche se ne mantengono le caratteristiche narrative del finale a sorpresa: Derailed Attrazione letale, Nella mente del serial killer, Nick name: l'enigmista. Sono dei buoni prodotti commerciali, anche se gli ultimi due possono apparire un po' inverosimili, a causa della macchinosità delle spiegazioni, mentre il primo, grazie ad un convincente Clive Owen, presenta un complesso e credibile protagonista.
Ma è in qualche modo possibile individuare un archetipo, un modello originario per questa soluzione narrativa tanto apprezzata dal pubblico? Probabilmente, un illustre e popolarissimo precedente è il romanzo Dieci piccoli indiani (1939) di Agatha Christie, in cui l'assassino è una delle vittime. La letteratura gialla, infatti, rappresenta un serbatoio inesauribile di trame, vicende, situazioni, personaggi, ambienti, dialoghi, atmosfere e la Christie costituisce, forse, una delle migliori sintesi di un patrimonio immenso. Inoltre, non si può non fare un cenno alla maestria di Alfred Hitchcock, regista amato da scrittori come Vladimir Nabokov. Che dire, poi, di un gigante come Simenon? L'autore belga è un artista tout court, al di là dei romanzi polizieschi di Maigret. E dove mettere, poi, la narrativa statunitense del ventennio '30-'50? Chandler, Cain, Thompson, Goodis, Hammet sono dei pionieri del genere noir. Andando ancora indietro nel tempo, studiando le origini del giallo, non è possibile dimenticare E. A. Poe ed i suoi racconti e, procedendo a ritroso, il romanzo gotico e l'opera di E. T. A. Hoffmann.
Con questo, ovviamente, non si vuole sostenere che la sceneggiatura di Nella mente del serial killer sia da collegare a Gli elisir del diavolo: è tuttavia evidente che il fascino del mistero, della sorpresa, del colpo di scena finale e, soprattutto, della identità di vittima e colpevole hanno radici molto profonde. Come visto, il cinema e la letteratura del Novecento hanno dei fecondi legami con il Romanticismo e il Preromanticismo. Studiare certi congegni narrativi, dunque, può condurre a periodi storici assai diversi, ma accomunati dall'innato bisogno umano di essere depistati, spiazzati, sorpresi. Il thriller rappresenta una delle moderne e più popolari manifestazioni di tale universale necessità.