Stremato, ferito e tradito, Hugh Glass sprofonda in un freddo pungente, avvolto dalla terra gelida. Dato per morto, il cacciatore riemerge dalla sua stessa tomba e smuove rabbiosamente il terreno pur di ridestarsi e rivedere la luce. Ecco, la trama di Revenant - Redivivo, impregnata di ostinazione e difficoltà ad oltranza, è molto simile alla storia della sua produzione, perché la grandiosa opera di Alejandro González Iñárritu ha assunto la fattezze di una sfida sfrontata alla natura stessa. Girato in ordine cronologico e in condizioni climatiche estreme (sino a 30 gradi sotto lo zero), Revenant è stato vincolato ai luoghi innevati e sperduti che ne sono stati il teatro, ovvero il Canada e l'Argentina.
Questo legame viscerale con l'ambientazione è figlio di una serie di scelte categoriche del regista messicano: la volontà di girare solo con luce naturale, aspettando così le poche ore giornaliere utili alla causa; la necessità di riprendere panorami incontaminati, raggiungibili solamente a piedi dopo ore di faticosi spostamenti, con l'attrezzatura spesso al limite del congelamento. Il freddo, la fatica e i continui imprevisti (neve sciolta prima del previsto) hanno fatto lievitare il budget oltre i 95 milioni di dollari e creato scompigli nella produzione: riprese e uscita slittate, licenziamenti, abbandoni, produttori allontananti dal set, sfoghi e rimproveri.
Ed è così che anche un film ambientato tra i ghiacci si è trasformato in un tiepido inferno, con Iñárritu costretto a dichiarazioni che non hanno lasciato spazio ad immaginazione e diplomazia ("se riconosco un violino fuori tono, devo toglierlo dall'orchestra"). Ma Revenant è solo l'ultimo, eclatante esempio di gestazione cinematografica travagliata; prima del redivivo interpretato da Leonardo DiCaprio (che di ostinazione verso un certo obiettivo dorato ne sa qualcosa), sono stati tanti i film pericolosamente fuori budget, segnati da produzioni dispendiose e sfortunate, caratterizzati da costanti imprevisti e scelte discutibili.
Altre volte però, a spingere oltre i limiti la lavorazione di un film è proprio l'ambizione ostinata di registi visionari e autori affamati, fermi nella loro volontà di stupire. Stiamo per scoprire dieci storie di cinema al limite del baratro, film sopravvissuti a loro stessi, azzardi ripagati dal successo e fallimenti fragorosi, finiti nell'oblio di botteghini deserti, ma comunque in grado di rialzarsi assieme ai loro studi. Cosa che non è riuscita a fare la United Artists che nel 1981 fallì dopo l'uscita de I cancelli del cielo di Michael Cimino, film costato quasi sette volte più del previsto e capace di incrinare anche la carriera del regista. Ecco il dietro le quinte di grandi capolavori per cui è valsa la pensa rischiare tutto e flop inequivocabili, ricordati dalla storia solo per l'eco del loro tonfo. Bene, adesso mettetevi nei panni di un produttore, aprite il portafoglio e divertitevi nel sentir scendere dalla vostra fronte una goccia di sudore gelida come la tomba profanata dal nostro Hugh Glass.
1. Cleopatra (1963)
Ovvero quando la frase "cimentarsi in un'impresa faraonica" viene presa un po' troppo alla lettera. Costato ben ventidue volte più del previsto (quasi 300 milioni di dollari attuali), il kolossal di Joseph L. Mankiewicz è stato uno dei più clamorosi casi di produzione pachidermica e insostenibile. A gravare sulle casse di una 20th Century Fox ridotta quasi al collasso dalla lussuosa Cleopatra sono state soprattutto le discordie artistiche, accompagnate da una serie di infauste casualità. Il film passa nelle mani di Mankiewicz dopo l'abbandono di Rouben Mamoulian, quasi un segno divino per le disgrazie a venire. Su tutte la malattia di Elizabeth Taylor (costata al film quasi 50 milioni di dollari) che, sottoposta ad un'urgente tracheotomia, costrinse la produzione a spostare le riprese in un luogo per lei più salubre.
Questa esigenza si è tradotta in un mastodontico spostamento da Londra a Roma, in complessi set da ricomporre e sontuosi abiti da ricucire (uno arrivò a costare quasi 200.000 dollari), dovendo per forza di cose rispettare un'impegnativa ricostruzione storica. Ad alimentare la sabbiosa valanga di sventura, anche molte divergenze tra il regista e la produzione sulla durata della pellicola, così come alcuni capricci di Rex Harrison sulla promozione del film. A lavoro finito, il buon Mankiewicz ha pacatamente affermato: "Cleopatra è stato concepito nell'isteria, girato nel casino, montato nel panico". D'altronde nel deserto togliersi i sassolini dalle scarpe è quasi obbligatorio.
2. 2001: Odissea nello spazio (1968)
"Questa macchina è troppo importante per me per lasciare che tu la manometta". Anche HAL-9000 era ben consapevole di quanto il suo film fosse fondamentale per la storia del cinema. E allora, conoscendo la meticolosità del metodo kubrickiano, non sorprende che anche il primo, indiscutibile ed indiscusso capolavoro della nostra lista abbia conosciuto una lavorazione travagliata. Il merito (davvero impossibile parlare di "colpa") è tutto dell'ostinata visione di Stanley Kubrick, un autore ossessionato dalle potenzialità espressive del cinema e dalla necessità di dare massima dignità e senso assoluto al suo lavoro artistico.
Costato quasi il doppio del previsto, ovvero 10 milioni di dollari, 2001: Odissea nello spazio è stato scritto contemporaneamente al romanzo a cui si ispira (una novità creativa assoluta), e la sua complessità ne ha ritardato l'uscita di oltre un anno. Un'opera magnifica che ha stimolato la meraviglia ma ha sempre cercato il rispetto del verosimile, infatti Kubrick ha lavorato con una cura maniacale per ogni singolo dettaglio, ogni rotazione, ogni oggetto di scena, in modo da ottenere un risultato realistico e inquadrature immersive. Tecniche di riprese mai adottate in precedenza e due mesi di solitario montaggio, chiudono il cerchio di un parto difficoltoso da cui è nato qualcosa di memorabile.
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3. Lo squalo (1975)
Il latente senso di disgrazia è qualcosa di molto familiare al grande blockbuster di Steven Spielberg. Infatti, oltre alle enormi e affamate fauci del celebre squalo bianco, tanti altri fattori hanno minacciato la riuscita di un film costato 9 milioni di dollari (ne erano previsti 4) e girato in 150 giorni a fronte dei 50 preventivati. Facile immaginare che le problematiche siano arrivate dalla costruzione dell'enorme pesce-predatore, realizzato in tre versioni, una delle quali decise di affondare a causa del sale che ne aveva corroso i meccanismi.
L'acqua marina ha mietuto altre vittime illustri: telecamere rovinate, il battello Orca più volte inabissato, eliche impazzite e pericolose (pare si sia sfiorata qualche decapitazione) e barche altrui non previste che si intrufolavano nelle riprese. Così, sul set nascono nomignoli e sfottò, con gli squali artificiali soprannominati "Bruce" (nome dell'avvocato di Spielberg) e il buon Steven che, per paura di essere buttato in quelle nefaste acque, non si presentò sul set l'ultimo giorno di riprese (abitudine ormai scaramantica che continua a rispettare). Tre premi Oscar e incassi straordinari hanno ripagato il tutto.
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4. Apocalypse Now (1979)
Il titolo non è certo dei più incoraggianti e lascia presagire giusto qualche difficoltà dietro l'angolo. Si, perché il capolavoro di Francis Ford Coppola è costato una fatica immane e molto sudore di cui onestamente ringraziamo ogni goccia. Frutto di una lunga lavorazione che inizialmente prevedeva solo un mese e mezzo di riprese, Apocalypse Now, invece, ha richiesto oltre un anno e mezzo di produzione; un rallentamento nato sia da alcune indecisioni iniziali (Harvey Keitel per una settimana è stato Benjamin Willard, prima di essere sostituito da Martin Sheen) che da un set situato in un contesto estremo e ostile.
Il film venne girato nelle Filippine, paese allora sotto dittatura, alle prese con una guerra civile intestina e tempestato da forti tifoni. Lo scenario apocalittico venne completato da un infarto di Martin Sheen, precedentemente feritosi ad una mano dopo una sbronza, e da un condiviso sentimento di sconforto che colpì la troupe e soprattutto un Coppola davvero provato anche dai 2 anni di montaggio. Voci di corridoio affermano che l'espressione "ne è valsa le pena" sia stata coniata dopo questo film.
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5. Waterworld (1995)
Definirlo "un buco nell'acqua" è troppo facile e scontato, ma è davvero difficile spiegare Waterworld in maniera diversa. Uno scivolone lungo più di due ore, un film che, tra assedi e scenari post-apocalittici, si presentò come una specie di Mad Max degli anni Novanta, con il mare al posto della sabbia e zattere steampunk al posto di automobili folli, poi naufragato nella sua stessa ambizione. Kevin Costner, star al massimo del suo splendore, forte dei successi di Balla coi lupi e Robin Hood principe dei ladri, ottenne un cachet di 14 milioni di dollari per imp(r)egnarsi nell'impresa, ma la pellicola rappresentò una brusca battuta d'arresto per la sua carriera.
Con un budget di 100 milioni di dollari, Kevin Reynolds ne arrivò a spendere 175 (film più costoso della storia mai realizzato sino ad allora),trovando più riscontro all'estero che in patria dove gli incassi furono deludenti (88 milioni). Lo storico sodalizio tra un pretenzioso Costner (qui co-regista) e Reynolds si interruppe qui, in mezzo ad una troupe costretta ad andare sul set a bordo di moto d'acqua ed enormi costruzioni realizzate appositamente per il film e poi miseramente distrutte. Tra spettatori delusi e produttori perplessi, a sorridere fu soltanto l'economia hawaiana.
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6. Titanic (1997)
Sembra ormai chiaro che l'acqua non sia proprio un elemento favorevole al cinema. Ce lo conferma la testardaggine di James Cameron, regista che ha sempre vissuto la settima arte come una sfida alle possibilità umane. Da Terminator allo strabiliante Abyss, il grande schermo per lui è stato un enorme laboratorio dove sperimentare nuove, strabilianti tecniche visive. Il suo Titanic ha frantumato iceberg e record, diventando "il re del mondo" degli incassi per quasi due decenni, ma la deriva l'ha sfiorata davvero.
Un film dalle proporzioni immense, dove la sete di impresa di Cameron si è tradotta in 1 milione di dollari spesi soltanto per riprendere il relitto del vero transatlantico, un lungo tratto della costa messicana affittata per ricostruire il Titanic in scala naturale e un'enorme cisterna contenente 76 milioni di litri d'acqua. Senza dimenticare il decisivo intervento di ritocchi in computer grafica, utilizzati soprattutto per l'inabissamento della nave. La 20th Century Fox aveva stimato spese per un totale di 100 milioni di dollari, ma il film ne richiese il doppio, escludendo l'esoso budget destinato alla promozione. Girare Titanic è costato più che costruire il vero Titanic (circa 150 milioni), eppure qualche spicciolo in più per una zattera leggermente più grande per salvare il povero Jack Dawson non è stato trovato.
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7. Final Fantasy (2001)
Tradire tutto e tutti. Il titolo del tuo stesso film e soprattutto l'iconica saga videoludica a cui ti ispiri. Ennesimo caso di matrimonio infelice tra cinema e videogame, Final Fantasy si discosta completamente dalle atmosfere fantasy dei due videogiochi più celebri e apprezzati prima della sua uscita (Final Fantasy VII e Final Fantasy VIII) per barcamenarsi in una più canonica avventura fantascientifica. L'impressione, confermata da un costo di 137 milioni di dollari (il doppio di quanto previsto), è che ogni sforzo sia stato dedicato per l'aspetto tecnico, per l'epoca assolutamente lodevole.
Primo film d'animazione completamente fotorealistico, Final Fantasy ha spremuto circa 1000 computer per dare forma alla capigliatura della sua protagonista, quella Aki Ross che nei progetti visionari della Square Studios sarebbe dovuta diventare una vera e propria interprete virtuale ricorrente nella cinematografia. Il cocente flop, con perdite pari a quasi 60 milioni di dollari, fece tramontare l'idea. Va ricordato che dietro l'aspetto della dottoressa Ross si cela l'attrice cinese Ming-Na Wen, già alle prese con un altro tentativo di cinema videoludico: l'imbarazzante Street Fighter - Sfida Finale. Probabilmente solo un triste presagio.
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8. Avatar (2009)
Solo James Cameron poteva superare James Cameron e così è stato. L'esperienza gloriosa di Titanic ha incoraggiato nuovi sforzi produttivi e solleticato la volontà di dare finalmente forma e vita ad un vecchio progetto dell'autore canadese. Avatar germoglia nella mente del regista già nel lontano 1996, sotto le mentite spoglie di Project 880. Vengono scritte quasi cento pagine di sceneggiatura ma la tecnologia dell'epoca non era ancora sintonizzata con i sogni visionari di Cameron. Era ancora troppo presto per Jake e Neytiri. Poi la folgorazione: James guarda Il signore degli anelli - Le due torri e vede in Gollum la realizzazione dei suoi sogni: finalmente Pandora può iniziare a prendere forma. Spinto da un tartassante desiderio di innovazione cinematografica e da un'audacia più tecnica che narrativa, Avatar è stato girato per alzare l'asticella delle potenzialità espressive del cinema e il suo set è stato palcoscenico di incredibili e costose meraviglie tecnologiche.
Il film, girato per lo più in ambienti virtuali e basato totalmente sulla motion capture, ha adottato una particolare tecnica di ripresa stereoscopica, che impiegava due cineprese poste in prospettive diverse, in modo da restituire un effetto tridimensionale. Dunque, gli scarsi 100 milioni di dollari oltre budget fanno sorridere davanti agli abbondanti 2,7 miliardi incassati dal Re Mida di Hollywood che, non a caso, d'ora in avanti si dedicherà soltanto alla mitologia dei Na'vi con i già annunciati sequel. Anche perché "io ti vedo" non è stata solo la battuta madre del film, ma una promessa mantenuta da tutto il pubblico.
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9. Rapunzel - L'intreccio della torre (2010)
C'era una svolta in casa Disney. Dopo anni di risultati balbettanti, Rapunzel riporta l'animazione disneyana ai vecchi fasti, conciliando alla perfezione tradizione narrativa e innovazione estetica. Tutto questo però ha avuto un costo: sei anni di lavorazione, un passaggio di consegne in cabina di regia e una spesa passata da 150 a 260 milioni di dollari che lo hanno reso il film d'animazione più costoso di sempre (in casa Disney è secondo solo a Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo). Scritto e riscritto più volte, Rapunzel ha rappresentato un incubo soprattutto dal punto di vista tecnico.
Come ci ha insegnato il buon Sulley di Monsters & Co., animare personaggi dotati di "pelo" è l'impresa più ardua per ogni reparto d'animazione. Potete quindi immaginate cosa abbia significato dare vita alla folta e lunghissima chioma della dolce Rapunzel: capelli biondi che si intrecciano, si dimenano, si allungano come corde e sembrano avere vita propria. Un vero e proprio dramma tricologico. Sicuramente gli animatori che hanno successivamente lavorato al paffuto e glabro Baymax di Big Hero 6 si saranno sentiti alquanto fortunati.
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10. The Lone Ranger (2013)
Il maestro dei blockbuster Jerry Bruckheimer, già al timone della saga dei Pirati dei Caraibi, mette tra le mani di Gore Verbinski una ricetta già assodata anni prima: un Johnny Depp alla prese con la sua ennesima maschera sopra le righe, un genere forte in cui muoversi (il western di frontiera) e un giovane attore bello e bravo (Armie Hammer) appena consacrato da The Social Network. Niente di tutto questo salva The Lone Ranger da un triste primato, ovvero quello di uno dei più clamorosi insuccessi nella storia del cinema, oltre che una rara macchia sulla luminosa filmografia della Disney. I costi sono lievitati a causa delle continue tempeste di sabbia che hanno compromesso le riprese, ma anche per alcune scelte infelici sopraggiunte dopo i primi ciak (l'inserimento di creature sovrannaturali che hanno richiesto l'intervento della computer grafica) e l'incauta volontà di costruire un pezzo di ferrovia nel New Mexico appositamente per il film.
Costato quasi 250 milioni di dollari, questa sciagurata (dis)avventura ha raccolto recensioni perplesse e racimolato un misero guadagno di 10 milioni dagli incassi mondiali. Il film resta un bel tentativo di convivenza tra western e avventura, con una messa in scena davvero spettacolare e curatissima nella scenografia. Per noi, insomma, The Lone Ranger resta un flop assolutamente immeritato. Un film ingiustamente incompreso.
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