Good Morning, Sarajevo
Esma è una donna che vive a Sarajevo con sua figlia Sara, o meglio, considerate le circostanze - il periodo dopo la fine della guerra dei Balcani - si potrebbe dire che Esma e Sara cercano di sopravvivere nel lento e doloroso ritorno alla normalità del loro paese. Nonostante le difficoltà economiche Esma cerca di non far mancare nulla a sua figlia, ed anche di fronte a richieste più esose - come i soldi per una gita scolastica - si riduce a lavorare in un locale malfamato, di notte, per non far mancare nulla alla ragazzina.
Con Grbavica, la regista bosniaca Jasmila Zbanic porta sul grande schermo la storia di una madre e sua figlia - presentata nella sezione competitiva della 56esima edizione del Festival di Berlino - ma anche il dolore silenzioso delle ferite di Sarajevo: oltre alla storia personale e dolorosa della piccola Sara, appena affacciatasi nel complesso mondo dell'adolescenza, la Zbanic racconta la nuova società di Sarajevo, gente che avendo perso tutto, trova il modo di confrontarsi e differenziarsi grazie alla memoria dei propri cari perduti in guerra. Basta un certificato, e lo status individuale cambia: avere un padre o un marito morti mentre lottavano contro il nemico, cambia molte cose agli occhi degli altri. La piccola Sara sente il peso dell'assenza di suo padre, ma solo perchè non si sa che fine abbia fatto e chi sia, ed una volta saputa l'infamante verità, cercherà di cancellare drasticamente ciò che la lega al genitore mai conosciuto. Aver avuto la possibilità di identificare i cadaveri dei propri cari, recuperati dalle fosse comuni, è per la gente di Sarajevo un modo per veder riconosciuta la propria identità e rispettabilità sociale, seppellita da tempo sotto le macerie delle bombe.
La regista però non si limita a raccontare solo un aspetto della realtà post-bellica, e ne descrive vari aspetti: se le colleghe di lavoro di Esma si rivelano solidali con lei, e con una colletta le fanno avere i duecento euro che serviranno per pagare la gita a sua figlia; i compagni di classe di Sara alzeranno un muro di intolleranza proprio perchè la ragazza non sa che fine abbia fatto suo padre.
La fotografia del film, giocata su toni freddi e lividi, accentua il senso di disagio dei protagonisti della storia, toccante ed ottimamente interpretata da Mirjana Karanovic e dalla giovane Luna Mijovic, nei ruoli di due donne alla resa dei conti con i fantasmi del passato e la realtà; tuttavia la regista lascia intravedere anche una luce di speranza.
Movieplayer.it
3.0/5