Dieci minuti, la recensione: l'elogio alla fragilità secondo il film di Maria Sole Tognazzi

La recensione di Dieci minuti: Maria Sole Tognazzi torna al cinema legandosi ad una storia di rinascita e di riscoperta, mettendo al centro della scena la profonda bravura di Barbara Ronchi.

Dieci minuti, la recensione: l'elogio alla fragilità secondo il film di Maria Sole Tognazzi

Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi non è solo un film al femminile. Sarebbe riduttivo e semplificativo additarlo seguendo il linguaggio mainstream, e sarebbe anche banale ridurlo ad un'aggettivazione di genere dalle facili e superficiali riletture. Del resto, questo è un film che va letto seguendo diverse prospettive, tutte legate ad una storia marcatamente contemporanea. Una storia che appare come una sorta di viaggio (e il viaggio nel cinema della Tognazzi è un metro di misurazione) in cui non ci sono personaggi, bensì persone. Un film lieve, in bilico, tra le smorfie e le lacrime, insinuandosi in una crisi che riprende gli archetipi di una pièce teatrale.

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Dieci minuti: Barbara Ronchi nel film. Foto di Luisa Carcavale

Ma il palcoscenico, in questo caso, non è lo spazio scenico. Bensì, il palco è rappresentato dalla protagonista, Bianca, interpretata da una sempre più brava Barbara Ronchi (abbiamo finito gli aggettivi). Un palco umano, dove si accumulano, entrando ed uscendo dalla scena, diverse figure che, in qualche modo, definiscono l'andamento della storia. Sì, come a teatro. Attenzione, però, perché Dieci Minuti, scritto insieme a Francesca Archibugi, e ispirato al romanzo Per dieci minuti di Chiara Gamberale, vive in simbiosi con Bianca, ricalcando i colori della protagonista, tanto nella location quanto nel percorso che compie. È un film corale, ma la coralità è legata esclusivamente al centro di gravità di Bianca. E poi c'è il percorso. Figurativo, e metaforico. Un percorso naturale ma difficilissimo, nonché desideroso di essere portato a termine. Come? Seguendo la logica di un cinema che punta all'emotività, scostandosi dagli artifici, e colpendo al meglio delle proprie possibilità.

Dieci minuti, la trama: una storia di (nuovi) cambiamenti

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Dieci minuti: Barbara Ronchi e Fotinì Peluso nel film. Foto di Luisa Carcavale

Tra l'altro, Dieci Minuti, parte da un concetto che oggi difficilmente accettiamo: affrontare una realtà che non ci piace. Sentirci dire qualcosa, che non ci piace. Venir messi in discussione, strattonati via dalla zona di comfort. Come accade a Bianca, che di crisi e di zone comfort se ne intende. Sta cercando di superare una profonda crisi, quando viene lasciata dal compagno Niccolò (Alessandro Tedeschi), che le recrimina uno spazio emotivo, sintomatico di un capriccio maschile fortemente infantile. Come se non bastasse, viene anche licenziata dal giornale per cui collabora (fa la giornalista, ma sembra che i suoi pezzi non guardino più verso gli altri). Una dimensione scombussolata, e un consiglio vitale suggeritole dalla schietta Dottoressa Brabanti (Margherita Buy), che la segue nel cammino di rinascita psicologica: dedicare dieci minuti al giorno a qualcosa che non ha mai fatto. Qualcosa che la eccita, che la spaventa. Oltre le mura che la circondando. Ad affiancare Bianca in questa (ri)scoperta, sua sorella, Jasmine (Fotinì Peluso).

L'elogio alla fragilità secondo Maria Sole Tognazzi

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Dieci minuti: Barbara Ronchi e Margherita Buy nel film. Foto di Luisa Carcavale

Abbiamo volutamente evitato alcuni passaggi della trama così da garantire una visione totalmente spassionata (qualora non aveste letto il libro), sbrigliando i possibili pre-concetti di una storia, come scritto, ampiamente corale e ampiamente ramificata. Anche perché, per volere della regista, il film è intervallato da un lungo flashback (forse, un po' troppo lungo) che rintraccia i motivi di un tumulto tanto sentimentale quanto fisico. Dall'altra parte, seguendo un umore inaspettatamente scapigliato (e molto dolce), Dieci minuti evita intelligentemente di mostrare i lati di drammatici (che sarebbero stati svilenti, limitativi) preferendo l'organicità di un filo emotivo incostante e sbilenco, per riflettere (e per proteggere) lo sguardo di Bianca, costantemente messo a fuoco.

A proposito, il lungometraggio di Maria Sole Tognazzi, che segna il ritorno al cinema a quasi dieci anni da Io e lei (in mezzo la serialità Sky di Petra), funziona proprio nella sua destrutturazione della crisi di una donna andata in frantumi. Sotto, infatti, c'è molto altro: poco a poco, scelta dopo scelta, i dieci minuti si allungano, la cognizione del tempo si relativizza, e la cura di Bianca, dolorosa eppure luminosa, supera le riserve, aprendosi ad una luce calda che taglia le immagini finalmente ariose, (alla fotografia Luigi Martinucci) che si agganciano allo score di Andrea Farri, mai invasivo e mai eccessivo. Una luce che rivela l'essenza di Bianca e, di contraltare, rivela le prerogative di un film di risvegli, di occhi lucidi, di sedie rotte e di fragilità irrinunciabili.

Conclusioni

Come scritto nella recensione, Dieci minuti di Maria Sole Tognazzi eleva (finalmente) il valore della fragilità, rivendicando uno status quo dettato solo ed esclusivamente dai propri bisogno emotivi. Evitando uno sguardo troppo borghese, il film si aggancia ad una naturalezza d'intenti, legandosi al meglio con la bravura di Barbara Ronchi.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Barbara Ronchi è sempre più brava.
  • La naturalezza del racconto.
  • Gli umori, tenuti in equilibrio.

Cosa non va

  • Il flashback dello "spiegone" è decisamente lungo.